TONI SERVILLO PORTA DE FILIPPO ALL’ARGENTINA

TONI SERVILLO PORTA DE FILIPPO ALL’ARGENTINA

Dal 7 al 31 maggio Toni Servillo approda al Teatro Argentina di Roma nel segno di Eduardo De Filippo con “Le voci di dentro”, che vede insieme nell’impegno produttivo il Teatro di Roma, il Piccolo Teatro di Milano e Teatri Uniti, in collaborazione con Théâtre du Gymnase di Marsiglia, dove nei giorni scorsi lo spettacolo è stato presentato in anteprima in occasione di Marseille Provence 2013 Capitale Européenne de la Culture. L’assassinio di un amico, sognato dal protagonista Alberto Saporito, che poi lo crede realmente commesso dalla famiglia dei suoi vicini di casa, mette in moto oscuri meccanismi di sospetti e delazioni. Si arriva ad una vera e propria “atomizzazione della coscienza sporca”, di cui Alberto Saporito si sente testimone al tempo stesso tragicamente complice, nell'impossibilità di far nulla per redimersi. Eduardo scrive questa commedia sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale, ritraendo con acutezza una caduta di valori che avrebbe contraddistinto la società, non solo italiana, per i decenni a venire. Uno spettacolo imperdibile, un affresco corrosivo della nostra società, in cui l’odio e l’invidia sono i convitati di una cena che si consuma ogni giorno tra ipocrisia e corruzione morale. Una commedia scritta nel 1948 ma dal forte sapore profetico, capace di evocare drammaticamente il presente. (Red)

 

BRUNO GANZ IN SCENA CON “LE RETOUR” DI PINTER

Un cast d’eccezione per il bellissimo testo di Harold Pinter: “Le retour” sarà in scena al Piccolo Teatro Strehler di Milano dall’8 al 12 maggio. E’ Luc Bondy, nuovo direttore artistico dell’Odéon-Théâtre de l’Europe, tra i maestri della scena europea, a dirigere l’opera e a scegliere i grandi nomi del teatro e del cinema internazionale per l’opera di Pinter: Bruno Ganz, Louis Garrel, Pascal Greggory, Jérôme Kircher, Micha Lescot, Emmanuelle Seigner. Pinter racconta la storia di Teddy che riapproda nel grembo della famiglia portando con sé la moglie Ruth, sposata all’insaputa di tutti poco prima di partire per l’America e madre dei suoi tre figli rimasti oltreoceano. Alcuni anni sono trascorsi. Ora Teddy è un affermato professore di filosofia. A casa, ritrova il padre Max ex-macellaio, lo zio Sam tassista e i due fratelli minori Lenny e Joey. La presenza di Ruth, in quella dimora di uomini, modifica gli equilibri: Teddy tornerà da solo in America… Il ritorno a casa si apre sul silenzio di un uomo che legge il giornale. Uomo e luogo senza qualità, o quasi. Banalità di un giorno in nulla diverso dagli altri, queste le coordinate iniziali della commedia. In quest’opera Pinter desacralizza la famiglia in un insolito “giallo” dove le ferite psicologiche dei protagonisti sfociano in atteggiamenti feroci, affresco di una società complessa e senza veri punti di riferimento. (Cle)

 

“LA SOLITUDINE DEL MARATONETA”

Esistono storie che non hanno tempo né luogo e “La solitudine del maratoneta” è una di queste. Sillitoe la scrive nel 1959, in Inghilterra, nel pieno della rabbia della classe operaia. Egli stesso proviene dalla working class. Ed è un giovane arrabbiato, anche se la definizione non gli piace. Contro una vita che sembra non dare scelta, contro le classi “sovrane” che schiacciano tutto e tutti, contro la povertà, la malattia, la morte a cui la classe a cui appartiene sembra essere destinata. Contro le regole imposte. Ma per la libertà. E il protagonista del romanzo trova la sua libertà attraverso la corsa. Attraverso quel particolare tipo di solitudine intensa, paradossalmente comunicativa, in cui i pensieri scorrono a fiumi e ci si riconosce, in cui ci si sente unici ma non isolati. Quella solitudine che solo in alcuni speciali attimi del correre si scopre. E, chi corre lo sa, si predilige. La scelta di metterlo in scena parte anche dal riconoscersi dell’attore in quella storia. Nicola Pistoia, che ne firma la regia, ha trovato in Alfredo Angelici l’interprete ideale. Insieme hanno curato l’adattamento di un testo che entrambi hanno “sposato”, in scena al Teatro Argot di Roma fino al 12 maggio. Oggi essere arrabbiati significa essere consapevoli di un fuoco che brucia, ascoltare la propria passione, un motore che se riconosciuto porta al cambiamento. Non si parla più di classe operaia, ma della totalità della popolazione. Il tempo della consapevolezza e dell’impegno non è terminato. Quello dello spaesamento e dell'indifferenza sì. “E’ quando ti sei fermato che cominci veramente a correre” dice il protagonista. La proposta è proprio questa: fermarsi, riflettere sul senso del cammino, scegliere se e come partecipare e solo dopo, ricominciare a correre. Verso l’unica possibile onestà: quella con se stessi. (Red)

 

A ROMA LA QUOTIDIANITA’ DI UNA COPPIA IN “ROSE DI MAGGIO”

Sarà in scena al Teatro dell’Orologio di Roma dal 7 al 19 maggio lo spettacolo “Rose di maggio”, scritto e diretto da Giancarlo Moretti. Protagonisti: Chiara Ricci, Marcello Mancusi, Assia Favillo, Francesco Castaldi, Laura Petroni, Paolo Franzini, Antonio Atte. Un appartamento in città è il luogo dove si svolge la storia semplice di una giovane coppia, fatta di gesti quotidiani, progetti e intimità, ma anche di paure e incomprensioni. La loro è una vita che deve nascere e, come una rosa dai petali delicati, va accuratamente protetta dai pericoli. “Rose di Maggio” è la storia di un matrimonio, la parabola di due destini che s’intrecciano per molti anni nel chiuso delle mura domestiche, dove il loro dramma prende forma seguendo le strade del caso. Tutto accade come se non fosse possibile altrimenti. (Red)

 

“LA AUDIENCIA DE LOS CONFINES” A MAGGIO A NAPOLI

Sarà in scena a Napoli al Teatro Mercadante dal 3 al 5 maggio “La audiencia de los confines” Primo studio sulla memoria (El Salvador) per la regia di Alina Narciso con Mayra Mazorra, Walfrido Serrano, Kelvis Sorita. Il 24 marzo 1980, l’arcivescovo Óscar Arnulfo Romero viene assassinato dagli Squadroni della morte mentre celebra la messa nella città di San Salvador. Nel paese centroamericano comincia la guerra civile che ha provocato almeno 75mila vittime e si conclude nel 1992 con gli Accordi di pace. L’autrice Jorgelina Cerritos dedica questa opera a Monsignor Romero e afferma: “In pieno XXI secolo, dopo guerre, catastrofi, insurrezioni, genocidi, accordi di pace, migrazioni, bande e molto altro, nei nostri paesi s’impara a dimenticare di continuo. A dimenticare un passato le cui parti attendono ancora di essere ricostruite. Avvaliamoci del teatro per poterle – come pezzi di un rompicapo – portare alla luce”. Attraverso la metafora di una oscurità interminabile e dell’attesa della luce del giorno che sta per arrivare e che però non arriva, lo spettacolo crea un universo singolare che esprime la tensione al superamento della lunga notte che l’America Latina si sta lasciando alle spalle. (Red)

 

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