Roubini lancia l’allarme: sentenza su Argentina è pericolosa per la …

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Alla fine, la Corte di Appello di New York ha salvato l’Argentina in calcio d’angolo: avrà due mesi di tempo in più per difendersi dalla sentenza del giudice Thomas Griesa, che le impone di versare entro metà dicembre 1,33 miliardi in favore dei creditori non ristrutturati. Pertanto, i pagamenti di dicembre e gennaio in favore degli obbligazionisti che hanno accettato le ristrutturazioni del debito del 2005 e del 2010 sono salvi. Il default tecnico è quanto meno rinviato di due mesi (Argentina, il default può attendere).

Ma il caso giudiziario rappresenta comunque un precedente pericoloso per la Grecia. A sostenerlo è il Professor Nouriel Roubini, della New York University. La questione è complessa e richiede una conoscenza del tema. Parlando del caso specifico, sappiamo che la Grecia ha emesso i suoi bond inizialmente sotto la legge greca, più favorevole allo stato emettente. Gli ultimi bond, invece, sono stati collocati sul mercato sotto la legge britannica, cioè regolati da una legislazione potenzialmente più favorevole al creditore.

 

Ristrutturazione debito Grecia: perchè la sentenza sull’Argentina costituisce un pericoloso precedente

Ora, quando a marzo ha avuto inizio la ristrutturazione del debito ellenico, gli obbligazionisti che non hanno accettato l’”haircut”, il taglio del 53,5% del valore nominale di rimborso dei titoli e l’allungamento delle scadenze fino a trenta anni, si sono visti costretti ad accettare, in forza delle Clausole di Azione Collettiva (CAC). Queste sottomettono la volontà delle minoranze a quella delle maggioranze qualificate. E nel caso della Grecia, la stragrande maggioranza dei creditori aveva accettato la ristrutturazione, temendo come alternativa il default della Repubblica Ellenica.

Il caso argentino, tuttavia, rappresenta adesso un precedente per Atene, secondo Roubini, in quanto anche nel caso in esame potrebbe esserci un giudice inglese a sentenziare in favore di uno dei creditori che quest’anno non ha accettato la ristrutturazione del debito ellenico, rimettendo in discussione tutto l’accordo faticosamente raggiunto tra lo stato e le banche e potendo, al limite, anche arrivare a bloccare il versamento dei pagamenti alle scadenze previste in favore degli obbligazionisti ristrutturati. Questo è il timore espresso dall’economista, già noto per le sue previsioni catastrofiste sull’Eurozona.

 

Haicut greco: la porta non si è chiusa completamente

Ma la questione greca è oggi diventata ancora più complessa, perché Atene potrebbe imbattersi da qui a qualche anno in una nuova ristrutturazione del debito. L’Eurogruppo di lunedì, infatti, ha lasciato aperta la porta a un secondo “haircut”, che potrebbe riguardare o solo i creditori pubblici, rimasti esclusi dal taglio di marzo, o tutti i creditori, compresi quelli che già hanno dato pochi mesi fa (Aiuti alla Grecia sbloccati ma resta l’idea di condonare il debito).

 

Obbligazioni Grecia: la ristrutturazione lede i diritti dell’obbligazionista

In questo secondo scenario, è evidente che si andrebbe incontro ad almeno un paio di possibili violazioni. La prima riguarda i diritti degli obbligazionisti, che hanno già accettato di ristrutturare il loro credito verso la Grecia e che si vedrebbero rimesso in discussione tutto l’accordo sottoscritto a marzo. Qui non ci sarebbe legge che tenga: la violazione è palese e tutti avrebbero titolo, in teoria, ad opporsi alla ristrutturazione.

La seconda violazione, invece, avrebbe a che fare con la tipologia legislativa sotto cui sono stati emessi recentemente i nuovi bond, ossia sotto quella inglese. In questo caso, non solo le norme sarebbero più favorevoli in sé ai creditori, ma la stessa ipotetica nuova ristrutturazione sarebbe in balia dei giudici inglesi, ossia di uno stato (il Regno Unito), che non appartiene nemmeno all’Eurozona e, pertanto, sarebbero davvero più autonomi nel formulare un loro giudizio.

A meno di non prevedere clausole uniche per tutti gli obbligazionisti, cosa difficilmente attuabile da un punto di vista legale, perché dovrebbe passare per l’accettazione da parte di questi ultimi, i quali, con ogni evidenza, non avrebbero alcun interesse a spogliarsi di parte dei loro diritti. E, infatti, anche Roubini stesso dubita che questa possa essere una soluzione possibile.

E, tuttavia, aggiungiamo noi che la questione non può nemmeno essere vista solo da parte dello stato emettente i titoli. L’obbligazionista che subisce la ristrutturazione dei bond in suo possesso è un soggetto leso, costretto quasi sempre ad accettare la manovra dello stato sovrano per non incappare in una perdita totale, non certo per convenienza. E’ ovvio che a decidere sarà una maggioranza qualificata di obbligazionisti, ma si possono per questo dimenticare le ragioni delle minoranze, specie se si tratta di piccoli risparmiatori, a fronte di un’ampia platea di creditori istituzionali?

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