Oajnus, Donne e Agentes de cambio

Gli ultimi mesi sono stati convulsi e frenetici. Dopo il dovuto periodo di ambientamento trascorso tra incontri di pianificazione, lettura di materiale informativo, corsi di preparazione e perfezionamento linguistico, con successiva realizzazione dei progetti, solo adesso le battute della tastiera riescono a tradurre con parole le immagini e i momenti di questo scorcio di vissuto argentino. A partire dai mesi precedenti la partenza, da quando mi dissero che la destinazione sarebbe stata Salta. 

 

Subito pensai ad un errore di comunicazione, trapassando inconsciamente la frontiera uruguagia e giungendo con l’immaginazione a Salto, città natale di Edinson Cavani. Ammetto la mancanza geografica, riconoscendo però che l’esperienza è stata incisiva proprio perché realizzata nella provincia del Noroeste Argentino ( NOA ). Una città come Buenos Aires avrebbe inevitabilmente richiesto tempi più lunghi solo per realizzare il fatto di trovarsi sotto il cielo di un altro emisfero, costringendomi a disperdere energie preziose nella ricerca dei canali per attivarmi. Qui invece l’inserimento è stato pressoché immediato, facilitato sia da una relativa conoscenza dello spagnolo, sia soprattutto dalla conoscenza degli “oajnus”.

Cos’è un “oajnu”? Formalmente un oajnu è un membro della Organización Argentina de Jóvenes para las Naciones Unidas, una ONG nazionale con sedi sparse su tutto il territorio. Creata nel 1995 a Buenos Aires, lo statuto di nascita dell’organizzazione stabilisce la piena condivisione dei principi ispiratori dalla Carta delle Nazioni Unite, contando tra i suoi firmatari il Direttore del Centro d’Informazione delle Nazioni Unite per l’Argentina e l’Uruguay ( CINU ) e l’allora Rappresentante argentino dell’ONU, l’Ambasciatore Emilio Cárdenas. Dal settembre 2001 la ONU stessa ha riconosciuto il lavoro di OAJNU integrandola in quanto Organizzazione associata al Dipartimento d’Informazione Pubblica delle Nazioni Unite ( DPI ). Ad oggi, l’unica ONG sudamericana a vedersi riconosciuto tale status. Al di là del nome e dei riconoscimenti internazionali, le attività dei volontari sembrano essere più coerenti della stessa Onu, condizionata com’è dalle controversie storiche che l’hanno caratterizzata  sin dall’anno della sua fondazione, a partire dai criteri che scandiscono il lavoro del Consiglio di Sicurezza, molto più vicino ad uno strumento di potere elitario che ad un’arena di discussione mondiale attraverso cui innescare processi democratici per il bene comune. Fermo restando l’indiscussa efficacia dell’organizzazione intergovernativa rispetto a questioni cruciali che hanno caratterizzato l’agenda mondiale a partire dalla fine della seconda guerra mondiale.

Informalmente invece, un oajnu, almeno quello salteño, è un o una giovane di età compresa tra i 15 e i 30 anni. Tale specificazione di genero è senza dubbio la prima cosa che ho imparato in modo indiretto, leggendo infinite e-mail di aggiornamento nella casella di posta quotidianamente intasata. Non che ce ne fosse stato bisogno, ma sicuramente, sebbene possa infastidire la lettura, rende più giustizia formale al grande lavoro della componente femminile. Sono quattro le donne su sei incarichi disponibili a svolgere le funzioni del Comité direttivo. Tra quelli che rimangono, uno è ricoperto da un ragazzo omosessuale.

E infatti nell’Organizzazione, così come in Argentina, c’è stato un interessante dibattito con lo scopo di riconoscere anche e soprattutto a livello linguistico tali differenze nell’orientamento sessuale di un individuo, mentre in Italia, quando invio un articolo, continuano a correggermi se scrivo “Presidenta”. Quasi dimenticavo, la Presidenta a livello nazionale è una donna, di Salta. E così il primo stereotipo argentino sul machismo , almeno in questo contesto, è superato. Superato perché le donne ricoprono un ruolo decisivo ben oltre la porta dell’ufficio situato in via Adolfo Güemes 26, contribuendo alla creazione di una identità sociale che pervade l’intera provincia. Tale è infatti l’impatto dei progetti sviluppati.

In Argentina la questione femminile salì alla ribalta della storia nel 1947, quando grazie alla possente figura di Eva Duarte fu finalmente esteso il diritto di voto alle donne sotto la presidenza del Generale Domingo Perón. Il carisma della voce di Evita ancora risuona nella grande Buenos Aires, immortalata com’è nel grande omaggio visivo che troneggia dall’Edificio Ministerio de Salud sulla grande Avenida 9 de Julio. Ed oggi a governare il paese è una donna, sebbene la passione per la Presidenta Kirchner oscilli tra i poli opposti del bene e del male. Perché “a Cristina o la amas o la odias”. Tuttavia il forte machismo è ancora latente e a tratti spudorato, come in occasione del pranzo in onore della Pachamama alle Salinas Grandes di Purmamarca, nella provincia di Jujuy, quando invitarono Ilaria ad allontanarsi dal tavolo della gran comida con modi non proprio garbati. Il curioso paradosso è che i presenti, tutti rigorosamente uomini armati fino ai denti con coltelli da caccia, stavano adorando una divinità femminile …

Un oajnu però non è solo una donna o un membro di una ONG riconosciuta dall’Onu. È soprattutto un individuo sciolto, autonomo, libero e indipendente, con un’attitudine rivoluzionaria votata al cambiamento, convinto che “las Malvinas son Argentinas”. Ma questo è il tratto che accomuna più di tutti il popolo argentino, o qualsiasi persona capace di riconoscere la differenza politica tra diplomazia e colonialismo. Ciò che però maggiormente contraddistingue più di tutto un oajnu, è il fatto di essere un “agente de cambio”. Non inteso però alla maniera occidentale, ossia come un broker finanziario, quanto piuttosto una figura sociale presente soprattutto nelle società meno sviluppate capace di condensare nella sua azione l’entusiasmo del volontario, il carisma dell’attivista e l’ideale del sognatore, con lo scopo di generare un cambio nel comune modo di pensare ed essere della società globale contemporanea, sempre più afflitta da crisi che prima di essere politiche ed economiche, sono crisi d’identità e crisi di valori.

La riscoperta dell’individuo come elemento fondante e non accessorio è il punto di partenza. Le idee e i progetti realizzati con un’impostazione educativa non-formale, gli strumenti, affinché il tutto non si risolva nella mediocrità della retorica. Il “Modelo de las Naciones Unidas”, “Caminos Verdes”, il “Proyecto Ciudadania Jovenes” e il “Cine Debate”, sono solo alcuni dei progetti più importanti a cui ho avuto la fortuna di partecipare lavorando con gli oajnus.

 
 Foto: (cc)  Ilaria Izzo

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