L’argentino Di Maria fa piangere Chiasso. Non basta il tifo davanti al …

I Mondiali Oltreconfine
Prima i fumogeni e i cori, poi la disperazione dei rossocrociati
Il cielo è bianco-azzurro sopra Chiasso.
Si è conclusa al 118’ minuto con un gol del centrocampista dell’Argentina Di Maria la partita contro i rossocrociati. Ma le oltre trecento persone che si sono riunite ieri pomeriggio in Corso San Gottardo per vedere il match dal maxischermo hanno tifato fino alla fine: bandiere svizzere, volti dipinti, mantelli rosso- crociati, cappelli enormi, cori, urla di incitamento.
Insomma, la strada principale della città si è trasformata in uno stadio per centoventi lunghi, anzi lunghissimi, minuti.

 C’è chi non commenta e si limita a tenere le mani sul viso senza staccare gli occhi dalla partita con lo sguardo pieno di speranza. C’è chi, in fondo alla folla, si è riunito con amici e tifosi, tutti rigorosamente vestiti con la maglietta della nazionale elvetica, e canta allo sventolare della bandiera.
C’è chi si affaccia dalla finestra dell’ufficio e chiama i colleghi rimasti alla scrivania.
Ci sono poi le immancabili trombette e anche se il loro suono non è nemmeno lontanamente piacevole, “fanno calcio” e allora ecco che tutto ha un senso. Non mancano le famiglie al completo: mamma, papà, e figli. Tutti in divisa, tutti rossi e bianchi, tutti sorridenti all’inizio, tutti sconsolati, se non in lacrime, alla fine.
Ed è profondo rosso il pubblico visto dall’alto, non c’è una persona che non abbia almeno un indumento che richiami uno dei colori della Svizzera. E quando l’arbitro suona il fischio d’inizio, perfino i fumogeni colorano il cielo di rosso e bianco e allora ecco che tutto diventa reale: la tensione è palpabile, l’euforia alle stelle e i pensieri sembra quasi di poterli vedere.
“Dobbiamo vincere, dobbiamo superare gli ottavi, non importa se abbiamo davanti l’Argentina di Messi, possiamo arrivare ai quarti di finale”, ecco cosa ci sarebbe stato scritto nelle nuvolette di un immaginario fumetto della serata.
Svizzera-Argentina, una partita al cardiopalma, probabilmente una delle (inaspettatamente) migliori di questa Coppa del Mondo. E lo sanno bene gli abitanti di Chiasso che alla fine del primo tempo, tra un bratwurst e una birra, commentano i primi quarantacinque minuti convinti che la loro nazionale possa fare ancora meglio nel secondo tempo.
I tifosi migliori sono i bambini, tantissimi, che s’improvvisano allenatori, critici, commentatori, cronisti, tecnici: uno di loro dice «Messi è piccolo e cattivo» e qualcuno risponde «Meno male che abbiamo Benaglio, io da grande voglio essere come lui». L’adrenalina aumenta con il passare dei palleggi, dei dribbling, dei traversoni e dei minuti. Si arriva ai supplementari e proprio quando il sogno sembra potere realizzarsi, Di Maria segna il gol della vita ed ecco che gli occhi degli svizzeri si spengono, la speranza svanisce e le teste si abbassano. Si sentono imprecazioni, parole di delusione, ma tutto dura pochi istanti perché subito si riaccende il tifo.
«Svizzera, Svizzera!» gridano e quando Shaqiri batte la punizione a trenta secondi dalla fine al limite dell’area, tutti si alzano in piedi, le mani congiunte quasi in preghiera, un religioso, brevissimo secondo di silenzio fino a quando l’arbitro fischia la fine. Poco prima tutti si erano alzati in piedi per quel palo maledetto. Il sogno è davvero finito. I tifosi si ritirano con grandi pacche sulle spalle, qualcuno con gli occhi lucidi, qualcuno a bocca aperta, qualcuno che, immancabilmente annuncia «Dovevamo vincere noi».

Enrica Corselli

Nella foto:
La fiumana di persone che ieri pomeriggio ha assistito al match mondiale (Fkd)

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