Argentina, email e foto di minaccia: l’ultimo mistero del caso Nisman

Una minaccia di morte in perfetto stile mafioso. Questo ha scoperto l’ex moglie di Alberto Nisman, nella rivista Noticias che due sabati fa usciva col procuratore in copertina, e che le hanno recapitato a casa il giorno prima che l’ex marito fosse trovato morto con un colpo di pistola alla testa, domenica 18 gennaio. Sulle prime la giudice Sandra Arroyo Salgado non gli aveva dato importanza. Pensava che quel punto nero stampato sulla fronte dell’uomo che ha accusato la presidente Cristina Kirchner di favoreggiamento, nei confronti degli autori iraniani dell’attentato all’Amia (1994, 85 morti), fosse solo un errore tipografico o al massimo un fotomontaggio, come per dire che il pm era nella mira del potere. Poi, si è resa conto che non era un fatto casuale.  

 

Si trovava ancora in vacanza in Spagna quando ha visto la minaccia. Poche ore prima, aveva litigato per telefono con Nisman. «Per te conta solo stare sui giornali», gli aveva rinfacciato, arrabbiata perché questi le aveva mollato la figlia a Madrid, interrompendo il viaggio che stava realizzando con la piccola a Londra, per tornare in Argentina e sporgere denuncia contro la presidente e alcuni funzionari di governo. Dopo, però, Arroyo Salgado ha chiesto al suo attuale compagno che le inviasse una foto di uno di quei giornali, per vedere come trattavano il padre delle sue due bambine, e ci ha trovato sopra una minaccia di morte, straordinariamente profetica.  

 

In un’inchiesta che ancora non esclude nessuna delle tre ipotesi preliminari - suicidio, omicidio, o suicidio indotto - la prima e l’ultima possibilità stanno prendendo piede nelle convinzioni degli inquirenti e, in tal senso, risulta indispensabile indagare sulle intimidazioni che possono aver spinto Nisman a togliersi la vita, prima di mostrare al parlamento le prove che aveva raccolto contro il governo e che ora stanno faticosamente iniziando il corso giudiziario in tribunale.  

 

In una cronologia delle attività giudiziarie realizzate la settimana scorsa dal magistrato che sovrintende alle indagini, la giudice Palmaghini, si richiede agli investigatori di «andare a fondo sulle email di minaccia che Nisman ha ricevuto» nelle lunghe ore del suo ultimo sabato da vivo e che riceveva già da tempo. Nella deposizione del capo della scorta, Ruben Benitez, ora sospeso dal servizio per le negligenze nel custodire la vita di Nisman, si legge che sempre nel pomeriggio di sabato, il procuratore era furioso e inveiva contro la stessa rivista Noticias, chiedendo al poliziotto se potesse dargli una pistola.  

 

Inizialmente, si è creduto che Nisman protestasse per il contenuto del servizio su di lui, ma ora, nessuno esclude che anche la sua copia del settimanale contenesse qualche implicita minaccia, o che fosse stato messo al corrente di quella recapitata a casa dell’ex moglie e le figlie, non si sa bene da chi. D’altra parte, l’ultimo uomo ad aver visto Nisman vivo, il perito informatico Diego Lagomarsino, ha testimoniato che il suo superiore lo ha convinto a farsi prestare la pistola Bersa Thunder calibro 22 che di lì a poco gli avrebbe dato la morte, informandolo che il superagente segreto Antonio Stiuso detto «Jaime», che da anni collaborava con la procura di Nisman, lo aveva avvertito di «guardarsi le spalle dalla scorta e proteggere le figlie».  

 

Stiuso e Lagomarsino sono quelli che la presidente Cristina Kirchner accusa implicitamente (e a più riprese) di stare dietro alla morte del pm che l’ha querelata. Stiuso è una spia di carriera, esperto in intercettazioni, controspionaggio e, secondo diversi testimoni, anche nell’arte della minaccia e l’intimidazione. Per questo, è stato convocato d’urgenza in procura.  

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