di SANTIAGO SOLDATI - È passata una settimana dall’elezione a Papa di Jorge Bergoglio ma l’emozione in Argentina ancora non si placa. Nelle strade della capitale si respira un clima di straordinaria allegria e di incredulità per il fatto che il primo Pontefice latinoamericano provenga dall’arcidiocesi di Buenos Aires e che questo immenso onore sia toccato a un cardinale molto apprezzato per le sue qualità personali e religiose. Da sempre Bergoglio coniuga nel sacerdozio le virtù del monaco e del pastore. È solito alzarsi alle 4 del mattino e pregare per ore. A Buenos Aires gestiva da solo la sua agenda, appuntandosi gli impegni su un umile quadernetto di carta. Sbrigava da solo le vicende quotidiane e da solo si preparava da mangiare. Viaggiava in metro o in autobus, disprezzava i regali costosi, e rifuggiva i bagliori della vita mondana. Ed era un uomo molto vicino alla gente. Il suo lavoro è sempre stato caratterizzato dalla vocazione ad assistere i più poveri e stare al loro fianco. "I cattolici che rimangono in Sacrestia devono essere spediti al museo", è solito ripetere. I quartieri indigenti della città si erano abituati ad accoglierlo almeno due volte all’anno, per celebrare la messa o battesimi o cresime. In questi giorni, sui canali tv argentini si registra una marea di testimonianze di amici di Bergoglio appartenenti alle fasce più deboli della società, che raccontano aneddoti su di lui, sottolineandone la dedizione nei loro confronti. L’azione più sistematica e innovatrice del nuovo Papa quando era vescovo è stato forse il potenziamento di una rete di sacerdoti nel cuore delle zone indigenti per lottare, spesso mettendo a repentaglio le loro vite, contro il traffico di esseri umani e di droga. Una rete che Bergoglio dirigeva personalmente. Nessun argentino si è quindi sorpreso che abbia scelto il nome Francesco. Fatti questi che non dovrebbero comunque far dimenticare che colui che oggi occupa il soglio di San Pietro è anche un uomo di potere. Nel corso della vita, Bergoglio ha avuto molte occasioni per dimostrare di avere talento politico. Negli anni Settanta, quando l’Argentina, al pari del resto dell’America Latina, era scossa da insurrezioni e guerriglia, dovette farsi carico di rimettere ordine nella Compagnia di Gesù. A 36 anni lo designarono "provincial", ovvero responsabile della congregazione in tutto il Paese. Svolse questo delicato compito con fermezza e duttilità. All’inizio degli anni Novanta, già vescovo, Bergoglio approdò alla testa dell’arcidiocesi di Buenos Aires. Dovette affrontare un’altra bufera, questa volta finanziaria, per irregolarità commesse all’ombra del suo predecessore. In poco tempo, e in modo silenzioso, il nuovo arcivescovo, risolse la crisi e mise in ordine i conti. Sanzionò inoltre i responsabili del danno. Questi precedenti possono fornire alcuni lumi su ciò che verrà. Dentro il "francescano" Bergoglio palpita un gesuita. In entrambi i casi, e con sfumature distinte, significa che il cattolicesimo si è affidato a un riformatore, che si è costruita una credibilità sui fatti, non sulle promesse. Il Papa Bergoglio non si è presentato come capo della Chiesa ma come pastore di Roma che "guida nella carità" le altre comunità. Un "primus inter pares". Sono le prove di un rinnovamento, palpabile anche nei gesti più modesti: invece di spostarsi nella limousine bianca, ha preferito condividere un autobus con i cardinali; ha cambiato la croce pettorale d’oro con una d’argento, quella che portava quando era vescovo; ha pagato il conto dell’albergo; e ha avvertito i capi della Guardia Svizzera incaricati di garantirne la protezione, che vuole stare per strada, tra la gente. Questi segnali rivelano un cambio di stile che fa sperare in un cambio di rotta per permettere alla Chiesa di adeguarsi ai tempi moderni, rimanendo fedele al suo spirito e ai suoi valori. Di certo Francesco vuole governare con l’esempio. Anche per questo gli argentini sono fieri di lui.