Al teatro Argentina (Ansa)
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ROMA - Il giorno dell’arrivo a Palermo della nave «della legalità» con i ragazzi che non vogliono dimenticare il giudice Falcone, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che aveva salutato la partenza dei giovani da Civitavecchia, torna tra i ragazzi delle scuole. E lo fa con il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, per partecipare alla giornata conclusiva del progetto educativo «Terrorismo raccontato ai ragazzi», promosso dalla Regione per le scuole superiori di Roma e Lazio, al Teatro Argentina di Roma. Napolitano si è commosso più di una volta parlando della «sfida mortale contro il terrorismo».
«Violenza sensa senso»
Napolitano ha fatto riferimento ai fatti di violenza avvenuti nelle manifestazioni degli ultimi tempi: «Che senso ha andare in giro col volto coperto e distruggere con una spranga un’auto della polizia» ha detto. E poi aggiunto: «Non ci può essere alcuna indulgenza di fronte a una violenza senza senso e senza sbocco sociale». Invitando a «credere in un dibattito democratico e sociale, anche con una pressione dal basso, ma con gli strumenti della democrazia ed entro i limiti della legalità».
I documenti da «rovistare con freddezza»
Napolitano ha risposto alle domande sugli anni di piombo, alla presenza della figlia dello statista Agnese Moro e il figlio di Domenico Ricci, l’autista che perse la vita nel rapimento di Aldo Moro, Gianni Ricci. Alla domanda di uno studente sui depistaggi e i misteri che ancora avvolgono alcune vicende, il presidente ha ricordato la recente iniziativa de governo: «tutti i documenti conservati in archivi pubblici, classificati come segreti o segretissimi, sono ora disponibili». Però il presidente della Repubblica ha invitato alla prudenza, e ad «andare a guardare senza essere sicuri che lì ci sia qualcosa». A tal proposito Napolitano ha ricordato come quando era ministro dell’Interno, a fine Anni Novanta, fu trovato un armadio in una sede periferica del Ministero di Roma, «in cui si pensava ci potessero essere documenti sul rapimento Moro». Napolitano ha sottolineato di aver consegnato quei documenti «non alla polizia ma a due magistrati», i quali «esaminarono ogni carta, ma non emerse nulla». Quindi occorrerà essere «vigilanti e armati di una certa freddezza nel rovistare questi documenti».
La moglie di Moro e il figlio di Ricci
Il presidente della Repubblica ha ricordato il rapimento di Aldo Moro e l’assassinio del commissario Calabresi con la voce rotta dall’emozione. Il figlio di Domenico Ricci, l’autista di Aldo Moro assassinato in via Fani ha ricordato quel giorno terribile: «Fu una giornata di pianti e dolore (...) Più studiavo, più provavo rabbia e odio per chi aveva ucciso mio padre. Anche io avrei voluto ucciderli. Ma con gli anni scoprii che l’odio e la rabbia ti dilaniano dentro. C’è invece la necessità di trasferire la memoria ai giovani, perché chi c’era è nella nebbia, e chi non c’era non sa nulla». E anche il presidente Zingarettiha sottolineato come «Un paese che non coltiva la propria memoria è un paese più fragile, un paese ignorante, insicuro».
«Figli della notte»
Nel corso dell’evento è salito sul palco anche l’attore Pierfrancesco Favino che da «Figli della notte», il libro del giornalista Giovanni Bianconi che ha ispirato il progetto, ha letto un frammento de «L’orologio che spuntava dalla manica» dedicato a Gianni e Domenico Ricci. «Mio padre aveva fiducia nei confronti dei giovani - ha detto una delle figlie di Aldo Moro, Agnese - anche in quegli anni confusi vedeva con favore le richieste che arrivavano dai giovani e che la politica avrebbe dovuto raccogliere. Spesso era in contrasto con il suo partito perché non apriva porte e finestre a queste novità. Ci lascia l’idea che si deve e si può parlare con tutti. In quei 55 giorni nel nostro salotto sono passate tutte le autorità del nostro Paese, è stata una vicenda complicata e dolorosa che vorrei che come paese si potesse parlare serenamente. Adesso si è deciso di non smuovere perché si è tutti schierati, chi a favore chi contro».