Il nuovo incontro programmato oggi a New York, tra i rappresentanti della Casa Rosada, gli avvocati dei fondi d’investimento USA, e il mediatore della giustizia Daniel Pollack, per risolvere il contenzioso sul modo in cui pagare il debito che l’Argentina ancora detiene dai tempi della crisi, avrà come priorità quella di decidere che fare con i 539 milioni di dollari attualmente congelati nei conti della banca BONY.
Si tratta del pagamento della cedola dei bond Discount, che scadono nel 2033, e che l’Argentina ha offerto insieme ai Par (2038) in cambio dei vecchi Tango Bond del 2001, andati in default e considerati carta straccia. Nei concambi del 2005 e del 2010, i risparmiatori che accettavano il baratto con queste obbligazioni, rinunciavano al 66% del valore investito. Con questa offerta, Buenos Aires ha ritirato dal mercato il 95% dei titoli che erano rimasti in circolazione dopo la bancarotta del nuovo millennio, ma continua ad affrontare in tribunale il restante 5% di creditori, che sono in gran parte i cosiddetti “fondi avvoltoio”, i quali hanno comprato dai proprietari originali i tango bond defaultati, scommettendo sulla possibilità di ottenere un risarcimento pieno, in seguito a una causa a lungo termine.
La suddetta causa, gestita dal giudice newyorchese Thomas Griesa, è arrivata a una sentenza pochi mesi fa, in cui si riconosce ai creditori il diritto ad riavere la totalità del valore nominale che compare sui bond. Esaurite le istanze d’appello, l’Argentina si è dovuta piegare a un negoziato sullo sdebitamento, che però non ha finora mostrato grandi miglioramenti. Secondo i suoi governanti, pagare tutto ciò che chiedono gli hedge fund, la porterebbe a un nuovo fallimento. Infatti, in base alla clausola di pari trattamento, ognuno dei vecchi proprietari (compresi quelli già entrati nei concambi del 2005 e del 2010), potrebbe rivendicare per sé, le migliori condizioni ottenute dagli holdout in seguito alla vittoria giudiziaria.
Sarebbero reclami che Buenos Aires non è in grado di pagare, e per questo si sta rifiutando di risolvere il debito con il 5% dei creditori, che invece potrebbe coprire. Davanti a questa posizione, il tribunale americano ha congelato il pagamento della cedola dei buoni Discount, effettuato dalla Casa Rosada ai legittimi proprietari il 30 giugno scorso. I 539 milioni sono stati versati presso la banca BONY, che gestisce il pagamento per le azioni quotate a Wall Street, e Griesa ha adottato una soluzione di compromesso, che non arrivava all’estremo di confiscare il denaro, per risarcire i fondi che hanno sporto denuncia presso il suo tribunale, ma nemmeno consentiva all’Argentina di spendere tale denaro per mantenere l’impegno preso nei confronti dei finanziatori di tutto il mondo, che in gran parte sono privati cittadini e piccoli risparmiatori.
In questo modo, si è concesso una possibilità al dialogo, per evitare che l’Argentina cada di nuovo in default, così come che gli hedge fund vedano riconosciuto il loro diritto, secondo il codice statunitense. Tuttavia, restano in un limbo d’incertezza i proprietari dei Discount: già truffati una volta dall’Argentina, che non ha mantenuto che il 33% degli impegni economici presi nei loro confronti prima del 2001, adesso rischiano di essere raggirati un’altra volta, restando incastrati in un meccanismo di gran lunga superiore alle loro possibilità di difesa.
In una situazione confusa, si trovano anche le istituzioni e le banche che devono pagare i risparmiatori: con il bonifico congelato nelle casse della BONY, quali sarebbero i bersagli di eventuali e legittime iniziative legali dei portatori dei Discount? Per risolvere l’imbroglio, il giudice Griesa potrebbe accogliere la richiesta argentina di uno “stay”, cioè una misura cautelare che sospenda il congelamento della cedola, tuttavia, il fatto che solo due settimane fa abbia respinto la richiesta, diffonde scetticismo in merito alle prospettive di un ripensamento che, se dovesse però avvenire, porterebbe l’Argentina a guadagnare qualche metro di vantaggio, rispetto al baratro di un nuovo collasso.