03/11/2012 17:44 - BRESCIA
Gennaio 2000. Inverno italiano, estate argentina. All'Estudiantes de Qlavarria, 500 km da Buenos Aires, squadra che va per la maggiore e punta alla conquista dello scudetto, si fa male il pivot titolare. Un problemone. La società decide di sostituirlo con un ventenne che nessuno conosce. Musi lunghi in squadra dove il playmaker è uno dei giocatori più forti del Paese, mugugni tra i tifosi. E intanto alle partite interne c'è un bambino di 10 anni che pulisce il parquet, gonfia i palloni e impara i trucchi del mestiere. A fine stagione quella squadra vince il titolo, con l'asse play-pivot determinante, e tutti a chiedersi che senso abbia riportare in squadra il «lungo» titolare, Novembre 2012. Mentre in Argentina si comincia a passeggiare in maniche corte e bermuda, l'inverno italiano inizia a mordere i lembi di pelle rimasti scoperti. In un bar del San Filippo si ritrovano «quel» pivot ora trentatreenne, ora totem della Controlgom Monticelli, «quel» playmaker che alla soglia dei cinquant'anni fa ora il manager nella squadra elei suo paese (Julio eie Rio Tercero, Cordoba) e «quel» bambino ormai cresciuto, chiamato a far volare la Centrale del latte Basket Brescia dopo essere passato dal college Usa. Eccoli lì: Ignacio Genoa, Gustavo e Juan Fernandez. Una rimpatriata che inizia con la scusa dell'intervista, prosegue per un paio d'ore con racconti su ciò che è stato e prosegue su ciò che sarà e che finirà, momentaneamente, nelle prossime ore davanti a una tavola imbandita di asado. «Ho avuto la fortuna di giocare con uno dei più forti giocatori argentini .....comincia a raccontare Ochoa indicando l'amico ritrovato - e di vivere con l'Estudiantes un anno ma- gico». «Non sapevamo chi fosse -dice Fernandez senior -, a fine campionato lo capimmo bene: un giocatore di sacrificio, difesa e rimbalzi. Ci aiutò molto». Si accavallano i ricordi sul campo, ma anche fuori, «dove Nadio è sempre stato un numero uno». Juan ascolta, sorride. «Era un bambino .....racconta il pivot della Controlgom .....con il basket nel sangue. Si capiva che sarebbe diventato giocatore». «Aver avuto un padre così famoso..... chiosa il regista della Centrale - è sempre stato un onore, mai un peso. Per me era normale trovarlo sul giornale o in televisione». Lo chiamavano «lobo», il/lupo, per quanto era famelico in campo. Da qui «il lobito» per II figlio. "Che rispetto a me ha più talento, ma deve acquisire un po' eli sana cattiveria. Come me però sa leggere il gioco e far girare la squadra». «Se sono in serata..... lo interrompe Fernandez junior -mi piace andare al tiro e prendermi le giuste responsabilità, altrimenti punto di più suoi compagni e a Brescia ce ne sono di fortissimi ai quali dare la palla. Devo abituarmi a un nuovo campionato». Nelle università americane, dove si è laureato specalizzandosi in giornalismo, il gioco è diverso. «Meno contatti, più contenimento, qui c'è pressione. Sto cercando di metterla anch'io, ma mi fischiano continuamente fallo. Voglio capire il metro, le abitudini». Gustavo lo consiglia «soprattutto sullapostura date-nere in difesa, soprattutto su giocatori come Casper Ware, ce ne sono tanti di play così veloci, deve abituarsi a marcarli». Il Julio de Rio Tercero sa che ogni tanto Fernandez senior se ne va per seguire da vicino i due figli: quello più piccolo è il numero due al mondo di tennis in carrozzina. Non sie arreso auna vita diversa, ha dimostrato le sue abilità. I Fernandez sono gente che non si arrende facilmente. Al tavolo si parla davanti a un cappuccino, un caffè e una spremuta d'arancia (per il più giovane). Ochoasnocciolai numeri eli Monticelli: «Società stupenda, ogni anno un campionato vinto. Nell'ultimo turno abbiamo perso, giocando male, ci rifaremo a Corno di Rosaz-zo». Juan Fernandez saluta Giddens che inizia una seduta personalizzata in palestra: «Anche noi siamo una buona squadra. Possiamo raggiungere 1 play off. Scariole mi aveva detto che a Brescia avrei trovato l'ambiente ideale. Il provino con la Virtus Bologna? Mi ero illuso, poi non sono riusciti a dare in prestito Imbrò, Va bene così, mi formerò in. LegaDue». Papà annuisce. L'assist è andato a segno.
Cristiano Tugnoli