Fosse stato in Italia, dopo la vittoria di ieri contro il “suo” Southampton, sarebbe andato in vacanza in tutta tranquillità. Ma in Inghilterra, si sa, the show must go on e si gioca sempre, anche durante le festività natalizie. E Mauricio Pochettino, al terzo anno in Premier League, ormai, lo sa bene. Il lavoro, del resto, il tecnico del Tottenham, ce l’ha nel sangue.
Suo padre, infatti, si sbatteva la schiena facendo il contadino. E Mauricio, in un certo senso, ha fatto lo stesso per 18 anni, facendo avanti e indietro sulla fascia destra nei campi di Argentina, Spagna e Francia. Raccogliendo pochi trofei, ma tante soddisfazioni.
Pochettino è nato in Argentina nel 1972 da una famiglia di immigrati italiani. Da bambino riusciva a guardare le partite in TV prendendo in prestito la batteria del trattore di suo padre, che utilizzava come generatore di corrente.
Da giocatore, ha esordito nel 1988 con la maglia del Newell’s Old Boys, dove in sei stagioni si è laureato due volte campione d’Argentina, perdendo nel 1992 ai rigori la finale di Copa Libertadores contro il San Paolo. Nel 1994 il passaggio in Europa, in una città tanto cool come Barcellona, ma nella squadra che cool non è. Con l’Espanyol rimane sei stagioni, vincendo una Copa del Rey e guadagnandosi le prime delle sue 20 presenze con la maglia dell’Albiceleste, con cui ha disputato la Copa America 1999 e il Mondiale 2002.
Poi, il passaggio in Francia al PSG – che nel 2001 non conosceva ancora i petroldollari -, le brevi apparizioni con il Bordeaux e il ritorno all’Espanyol, dove chiude la carriera nel 2006, vincendo un’altra coppa nazionale. Appesi gli scarpini al chiodo, Mauricio inizia a studiare da allenatore collaborando con il settore giovanile e la squadra femminile dei Periquitos, prima di essere chiamato a sorpresa alla guida della prima squadra nel gennaio 2009.
Si tratta di una situazione di emergenza: i catalani navigano in zona retrocessione e, per provare a dare una mossa, la soluzione low cost è affidare le redini a un uomo della società, al suo carattere e alle sue doti di leadership.
Alla fine, dando ampio spazio e fiducia ai giovani, Mauricio e il suo 4-3-3 votato a possesso e pressing portano un comodo 11^ posto nella Liga. Confermato, Pochettino rimane in sella per altre tre annate, riuscendo a tenere a bada Osvaldo tra gennaio 2010 e maggio 2011, e contribuendo alla consacrazione di Coutinho, eletto miglior giovane del campionato nei sei mesi giocati in Catalogna nel 2012.
A novembre dello stesso anno, la separazione consensuale con l’Espanyol, a seguito di alcune divergenze. Mauricio rimane fermo solo due mesi perché il proprietario italiano del Southampton, Nicola Cortese, non se lo lascia scappare e a gennaio 2013 lo mette alla guida della sua squadra.
La stampa locale non nasconde i dubbi. Pochettino non parla inglese e ha una squadra composta quasi esclusivamente da giocatori locali. I giornalisti si chiedono se i suoi metodi funzioneranno anche in Premier. E, in caso affermativo, quando? Il campionato è già iniziato e i Saints non possono permettersi di retrocedere dopo un ritorno in Premier atteso dieci anni. L’argentino, in un anno e mezzo, riesce a fare ricredere tutta l’Inghilterra, lanciando, tra i tanti, Lallana e Lambert.
Inevitabile, a giugno 2014, la chiamata del Tottenham di David Levy che, dopo i fallimenti di Villas Boas e Sherwood, i rifiuti di Ancelotti e van Gaal, ha trovato il sì dell’argentino.
Scelta più che mai azzeccata. A un passo dalla chiusura del 2015, gli Spurs hanno centrato il quarto posto e giocano un calcio delizioso. Chi l’avrebbe mai detto che Mauricio Pochettino, terzino rozzo e non sempre preciso dell’Argentina di Bielsa – una delle peggiori che si ricordino – avrebbe permesso alle sue squadre di esprimere un calcio così effervescente e votato all’attacco? Il tecnico nativo di Murphy aveva già dato sfoggio non solo del suo carisma, ma anche delle sue competenze tecnico-tattiche nelle precedenti esperienze all’Espanyol e al Southampton. Ma al Tottenham, sta raggiungendo la sua maturità. Anche dimostrando di aver imparato dagli errori – su tutti la cattiva gestione delle forze la scorsa stagione quando, tra febbraio e marzo, gli Spurs furono eliminati dall’Europa League, persero la finale di Coppa di Lega con il Chelsea, insieme a linfa e terreno in campionato. I suoi punti di forza? Credere sui giovani, instaurare un rapporto diretto con loro. Donargli fiducia, ma anche responsabilità. Lamela, per esempio, impalpabile nella sua prima stagione inglese, sta crescendo gara dopo gara, sotto l’egida di Pochettino. Senza dimenticare Harry Kane che, da semisconosciuto, da due stagioni è il bomber più prolifico d’Inghilterra.
Prima prova di maturità per Mauricio: vedremo se riuscirà a mantenersi in corsa per la Champions e togliersi soddisfazioni nelle coppe, con la Fiorentina di Paulo Sousa avvertita: a febbraio, a un anno dall’ultima volta, i viola torneranno a far visita a White Hart Lane. L’anno scorso è andata bene, quest’anno Pochettino vedrà di non farsi cogliere impreparato. Tutti sbagliano. Ma solo i migliori imparano dai propri errori.
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