ATENE – Mentre le trattative proseguono senza sosta e Alexis Tsipras lotta per tener fede al difficilissimo mandato che i suoi elettori gli hanno rinnovato con il referendum di domenica scorsa, il mondo sta con il fiato sospeso. La Grecia uscirà dall’euro? Fallirà? Soprattutto, è possibile che Atene segua l’esempio argentino? Un’economia in caduta libera; banche nel caos; corsa agli sportelli: era il 2001 e sembrava un incubo, ma dopo la crisi c’è stata la ripresa.
La crisi in Argentina
Proprio come oggi la Grecia, quattordici anni fa l’Argentina si trovava nel caos. Con il cambio tra peso e dollaro sotto pressione e un flusso inarrestabile di capitali in uscita dal Paese, sembrava ci fosse poco da fare. Anche l’Argentina dovette affrontare la scelta: ulteriori, dolorosissimi, tagli nel tentativo di rimanere una valuta forte, oppure svalutare e andare incontro al default. Certo, le due situazioni non si possono paragonare ad occhi chiusi. L’Argentina non aveva una valuta comune con gli Stati Uniti, ma un cambio uno a uno con il dollaro. Il Paese sudamericano, dunque, non ha mai smesso di emettere moneta, ma di fatto si regolava sulla politica monetaria americana. Nel 1990, l’Argentina sconfisse l’inflazione, ma il prezzo che pagò fu la recessione e l’indebitamento. Con la crisi, il denaro cominciò a lasciare il Paese in grandi quantità, al punto che, per frenare il deflusso, il governo fu costretto a imporre grosse restrizioni. Nel giro di sei settimane, fu default.
I cinque fattori che favorirono la ripresa
La ripresa fu favorita da cinque fattori. Innanzitutto, l’Argentina aveva una propria moneta, e non ha dovuto affrontare i contraccolpi che attenderebbero la Grecia in caso di un’uscita dall’eurozona. In secondo luogo, le sue materie prime erano fortemente richieste in un mercato globale sempre più dominato dalla Cina, a differenza della Grecia, dove invece le esportazioni sono molto deboli. Terzo, l’Argentina era stata costretta a tenere alti i tassi di interesse per salvaguardare il cambio con il dollaro; quando quest’ultimo fu abbandonato, i tassi cominciarono a scendere precipitosamente. Nell’eurozona, i tassi di interesse sono allo 0,05%. Quarto, per l’Argentina la recessione ha significato anche la possibilità di crescere per anni senza incappare nelle maglie dell’inflazione. Anche la Grecia ha un ampio margine davanti a sé, vista la contrazione dell’economia e dell’occupazione che sta affrontando. Infine, la svalutazione della moneta ha consentito all’Argentina di veder precipitare il proprio debito dal 125% del Pil al 72% in cinque anni. Un’opzione percorribile dalla Grecia solo uscendo dall’eurozona.
Sovranità monetaria necessaria alla crescita?
Insomma: è possibile che, come accaduto per l’Argentina, anche la Grecia si riprenda? L’economista Andrew Kenningham ha spiegato, su The Guardian, come tale opzione sia percorribile, ma solo recuperando la sovranità monetaria che oggi Atene non ha. A suo avviso, «la Grecia potrebbe essere nella posizione di vedere una buona ripresa e un periodo di rapida risalita del Pil se lascerà l’eurozona. Questo, ovviamente, non risolverà per sempre tutti i suoi problemi economici [...]. Ma potrebbe avere prospettive più luminose di quelle che avrebbe continuando a lottare all’interno dell’unione monetaria». Se fosse vero, oggi la Grecia avrebbe l’occasione per dire addio al «giogo» dell’euro.