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La polemica sulla reale entità dell’inflazione argentina, scoppiata tra la direttrice del Fondo monetario internazionale (Fmi) Christine Lagarde e la presidentessa argentina Cristina Fernandez de Kirchner, si è spostata su twitter. Il contrasto tra l’organismo internazionale e il paese latino, ribattezzato dalla stampa internazionale come “guerra delle due Cristine”, va avanti dalla fine del 2012.
Christine Lagarde aveva minacciato il governo della Kirchner di “mostrargli il cartellino rosso” per l’imprecisione dei dati ufficiali forniti dall’Argentina. Il governo di Buenos Aires e l’Istituto nazionale di statica e censo valutano l’inflazione al 10,8%, i principali osservatori economici internazionali la stimano a valori decisamente più alti, intorno al 25%. Dopo le critiche del Fondo monetario internazionale, che considera truccati i dati sull’inflazione consegnati all’organismo di Washington dal governo argentino, la Kirchner ha reagito con ben 28 tweet nel giro di mezz’ora.
La reazione tutt’altro che posata della presidentessa argentina è stata la risposta ad una decisione senza precedenti: 24 ore prima, e per la prima volta nella sua storia, il Fmi aveva emesso una dichiarazione di censura contro uno Stato membro per il rifiuto di fornire statistiche affidabili sui livelli di inflazione e di crescita del Pil. In sostanza il Fmi chiede all’Argentina di riformare il metodo di calcolo delle sue statistiche entro il 29 settembre 2013. L’organismo non ha precisato le conseguenze di un eventuale mancata esecuzione delle sue raccomandazioni, anche se la minaccia di espulsione è stata più volte paventata.
La presidentessa argentina, tralasciando la critica sul merito dell’inflazione, ha attaccato duramente i metodi stessi del Fmi: l’organismo internazionale è stato accusato di non aver saputo in alcun modo prevedere e prevenire l’esplodere della crisi economica internazionale, anzi di aver assistito inerme alla formazione di “non bollicine, ma mongolfiere speculative”.
Come già in altre occasioni, la Kirchner ha anche ricordato il ruolo giocato dal Fmi nella crisi economica argentina del 2001: “l’Argentina alunna esemplare del Fmi negli anni novanta, che seguì tutte le ricette del Fmi”, è stata lasciata sola dallo stesso organismo una volta scoppiata la crisi che quelle stesse prescrizioni avevano contribuito a creare in modo decisivo.
La Kirchner ha poi parlato di come la stessa Argentina, guidata prima dal marito Nestor e poi da lei stessa, sia riuscita ad uscire dal pantano di quella crisi, con una crescita del Pil del 90% in dieci anni, la costruzione di un mercato interno e la tutela delle fasce sociali più deboli, pagando il 93% dei propri debiti ai creditori internazionali senza più rivolgersi al mercato esterno dei crediti. “Nel 2003 avevamo il 166% di debito su un Pil ridotto, il 90% in valuta straniera, mentre oggi abbiamo il 14% di debito su un Pil solido e solo il 10% è in valuta straniera”.
Negli ultimi dieci anni Nestor e Cristina si sono mossi in direzione opposta ai dettami del Fondo: la nazionalizzazione della compagnia petrolifera Ypf, privatizzata proprio su indicazione del Fmi negli anni novanta, è l’esempio migliore di questo trend.
La Kirchner si è sempre rifiutata di rivedere i dati sull’inflazione forniti da Buenos Aires, passando anzi al contrattacco. Nel settembre passato, in una conferenza ad Harvard, la presidentessa attaccò duramente la posizione del Fmi nei confronti del suo governo. A detta della Kirchner, anche le statistiche sull’inflazione dei paesi sviluppati come Stati Uniti, Spagna, Portogallo e Grecia erano manipolate, e la ragione di fondo della critica all’Argentina non era economica, ma politica.
Anche il ministero dell’economia diretto da Hernan Lorenzino si è allineato alle parole della Kirchner, qualificando la misura del Fmi come “un nuovo errore” e un esempio del doppio standard con cui il Fondo tratta i paesi membri. Per il ministero, il Fmi, continua a proporre le sue ricette ai paesi in crisi anche di fronte all’evidenza del fallimento. Sempre utilizzando twitter, Lorenzino si è chiesto “dove sono le sanzioni all’Inghilterra” e ad altri paesi che manipolano i propri dati.
Se le critiche mosse dall’Argentina al Fmi sono in buona parte condivisibili, anche alla luce della storia economica argentina degli ultimi vent’anni, resta il problema di un’inflazione evidentemente più alta delle stime nazionali. Se aggiungiamo la frenata della crescita del Pil, passato dal +7% del 2011 al +2% del 2012, diventa evidente l’erosione del potere di acquisto degli argentini. Che i dati ufficiali siano ampiamente sottostimati viene dimostrato anche dalle trattative con i sindacati, che negoziano adeguamenti degli stipendi al costo della vita compresi tra il 20 ed il 25%.
L’inflazione è un problema per il governo argentino: la risposta del ministero dell’economia è stata quella di varare un nuovo indice dei prezzi al consumo, che prenderà come riferimento non solo i prezzi di Buenos Aires come indice attuale ma quelli dell’intero paese. Una misura che si limita a modificare le statistiche, senza affrontare il problema di un’inflazione reale ben al di sopra dei livelli di guardia.
Sul fronte dell’economia reale, il governo della Kirchner ha varato nuove misure di controllo dei prezzi, negoziando un accordo con le principali catene di supermercati per congelare i prezzi dei beni fino al 1 aprile. Un provvedimento che concederà un minimo di respiro alle famiglie argentine, ma che in mancanza di modifiche strutturali non impedirà ai prezzi di impennarsi alla scadenza dell’accordo.
10 febbraio 2013
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