La storia siete voi: l’angelo dalla faccia sporca, Omar Sivori

In una calda estate di tanti anni fa sbarca a Napoli un argentino, accolto in grande stile e proveniente da una grande squadra. Il pubblico risponde a questo favoloso acquisto con 70000, SETTANTAMILA, abbonamenti e accoglie il calciatore con un immenso striscione: "Tu si na cosa grande". Era mancino e faceva impazzire le difese. Non stiamo parlando di Diego Armando Maradona ma di Omar Sivori.
Omar Enrique Sivori proveniva dalla Juventus dove aveva fatto la storia della Vecchia Signora con scudetti, coppe e un Pallone d'Oro strameritato. Arriva a Napoli quando ha ormai 30 anni e solo perché la dirigenza bianconera aveva scelto Heriberto Herrera come tecnico e l'allenatore aveva trombato il campione argentino perché incompatibile con le sue scelte tecniche. La scelta di Napoli fu una piacevole conseguenza.
El Cabezon, come lo chiamavano in Argentina, comincia a farsi notare nel River Plate di Cesarini, (ancora oggi ricordato in Italia per la sua particolarissima abilità di segnare nei minuti finali), con cui annienta tutti gli avversari nella nazione che ci regalerà Che Guevara ed in nazionale forma un trio delle meraviglie insieme a Maschio ed Angelillo chiamato "Gli angeli dalla faccia sporca" per il loro modo di trattare la palla in completa antitesi col loro modo di fare e con cui vincerà una Copa America prima di vestire la maglia della nazionale italiana.
I dirigenti della Juventus si innamorano del calciatore, Agnelli dirà di lui che "Sivori è come un vizio: una volta visto giocare non puoi più farne a meno", ma il River è bottega cara e lo vendono per 160 milioni di lire, soldi bastevoli per riassettare la squadra e rifare il Monumental tant'è che intitolarono una sezione dello stadio al calciatore, la Tribuna Sivori.
In bianconero è disarmante, mai in Italia si era visto un giocatore così: dribbling, inventiva, sfacciataggine, irriverenza. Un talento unico che scoppiava all'improvviso incappando in squalifiche e sospensioni. Al suo arrivo a Torino disse alla stampa "io sono Omar Sivori e gioco senza parastinchi. Prendetemi se ci riuscite". Oggi sarebbe una cosa illegale ma veramente Sivori giocava senza protezioni e con i calzettoni abbassati perché in Argentina giocare con i calzettoni così era sinonimo di sfida, di abilità, solo pochi potevano farlo senza subire conseguenze, uno di questi era El Cabezon che per primo scoprì il piacere di far passare il pallone tra le gambe degli avversari, "tunnel" venne chiamato dalla stampa.
Giocava in coppia con un gallese enorme, tanto buono quanto pericoloso. Era John Charles, uno dei migliori colpitori di testa di tutti i tempi che in patria faceva il pugile e che tante volte ha dovuto usare le maniere forti per sedare quel piccolo demonio argentino perché Sivori aveva si lanciato la sfida ma questa fu ampiamente accolta e così i difensori ci prendevano gusto ad entrare duro sul calciatore.
Dopo 8 anni, 3 campionati e 3 coppe Italia vinti, dopo un Pallone d'Oro ed una Coppa delle Alpi, dopo aver segnato 6 goal in una stessa partita, contro l'Inter che per protesta contro le decisioni della Lega favorevoli alla Juventus schierò la primavera in cui esordì Sandro Mazzola, da capitano, lasciò la Vecchia Signora e sbarcò a Napoli.
Resterà per sempre legato alla Juventus. In Argentina aveva una Fazenda chiamata "Vecchia Signora" con lo stemma della Juve all'entrata e sarà talent scout della Juve ma scelse Napoli per finire la carriera, perché "ogni calciatore, almeno una volta nella vita, dovrebbe provare che significa giocare a Napoli", come dirà in seguito.
Resta 4 stagioni a Napoli, due trionfali in cui vinse un campionato anglo-italiano, arrivò al secondo posto in campionato, davanti alla Juve del nemico Herrera e scatenerà una rissa nella sua ultima partita dopo aver rotto il naso a Salvadore in un Napoli-Juventus l'1 Dicembre del 1968. Le ultime due stagioni sono state piuttosto deludenti, durante una tournée del Napoli in Colombia, in cui partecipò un altro "angelo dalla faccia sporca" come Angelillo, si infortunò gravemente alla caviglia.
A Napoli, sotto la guida di Pesaola, formò una delle coppie più forti di tutti i tempi con "Core n'grato" Altafini e fece sognare i napoletani.
Un tumore ci ha privato di un personaggio straordinario nel 2005, uno che diceva che "ai difensori piace solo picchiare, non vogliono giocare a calcio", uno che ha collezionato 33 giornate di squalifica nel campionato italiano, un uomo che pur essendo così profondamente juventino è stato uno dei paladini della Napoli anni '60. Personaggio poliedrico, affascinante, viscerale, che si ama o si odia. Napoli lo ha amato e chi ama non dimentica, grazie di tutto Cabezon.

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