“La corsa di Miguel” per ricordare i ‘desaparecido’

Quarant'anni fa, il 24 marzo 1976, un golpe di generali felloni e reazionari, emuli argentini di Pinochet, a Buenos Aires poneva definitivamente fine al sogno peronista (riaccesosi col breve ritorno in patria del Generalissimo dal '73 al '75 , poi con la sfortunata presidenza della vedova, Isabelita) d' una società di destra non succube del capitalismo, d'una "terza via" mussolinian-peronista. Ma, per fortuna di tutta l'umanità, esistono persone in grado di fare cose straordinarie, come unire i popoli in nome dei diritti umani: Miguel Sanchez è stato una di queste. In nome di quest' atleta, desaparecido nel 1978 a Buenos Aires, si è tenuta a Roma la XVII edizione della "Corsa di Miguel": articolata in una corsa competitiva e in una passeggiata di 4 km, per permettere a tutti di partecipare.
Chi era Miguel? Un ragazzo come tanti, che aveva iniziato a lavorare da bambino per poi partire dalla sua città e trasferirsi a Buenos Aires, dove era riuscito a impiegarsi al Banco de Provincia. Dopo il lavoro coltivava l'atletica: insieme alla poesia e all'impegno politico, il fulcro della sua vita.
Durante la dittatura del generale Videla (sette anni, come già quella dei colonnelli in Grecia) si contarono oltre 30.000 sparizioni. I rapimenti avvenivano alla luce del giorno: rimasero tristemente famose le Ford Falcon con le quali le bande paramilitari agli ordini del governo effettuavano le operazioni di sequestro. Le loro vittime venivano poi portate in centri di detenzione clandestina, dove subivano violenze e torture.  I voli della morte, con i quali i prigionieri venivano gettati ancora vivi nelle acque dell'oceano o del Mar della Plata, erano uno dei mezzi adoperati per liberarsi di loro.
Non sappiamo se anche Miguel Sanchez abbia subito questa terribile sorte; dal giorno del suo rapimento, il 9 gennaio 1978, nessuno ha avuto più sue notizie. La  sua vicenda è stata diffusa in Italia da Valerio Piccioni, giornalista romano della "Gazzetta dello Sport": che ne aveva avuto notizia in Argentina, decidendo poi di dar vita a un evento sportivo che ne perpetuasse la memoria. Ma Miguel, come tantissimi altri, non ha avuto giustizia.  Molti   di questi assassini ( come già i criminali nazisti e quelli stalinisti delle foibe, e del conflitto jugoslavo del 1991-'95)  han fatto perdere le loro tracce. E' proprio d'un anno fa circa una lettera  aperta alle autorità italiane da parte d' un gruppo di intellettuali argentini, pubblicata su “Il Manifesto”, che chiedeva l'attuazione di misure contro due dei più sanguinari personaggi della dittatura, Jorge Olivera e Carlos Luis Malatto: il quale ultimo sembra trovarsi tuttora in Italia, senza che la giustizia si sia mai occupata di lui.
Uno dei firmatari della lettera aperta è Claudio Tognonato, sociologo, docente  alla Facoltà di Scienze della Formazione di "RomaTre" col quale parliamo rapidamente di tutta la vicenda.

Professor Tognonato, quanto è conosciuta in Italia la storia argentina del periodo della dittatura? Come pensa che si possa diffondere ancora di più questa conoscenza?

Anche se le vicende che riguardano la violazione dei diritti umani in Argentina sono fatti storici accaduti ormai da molto tempo, restano di grande attualità. Primo, per quanto riguarda il legame tra Italia e Argentina, molte delle vittime sono italiane o di origini italiane; purtroppo però, anche tra i carnefici troviamo cognomi nostrani. Secondo, perché la vicenda dei desaparecidos resta una delle più cruente violazioni dei diritti umani del XX secolo, un progetto pianificato e perpetrato in modo sistematico da una nazione, un modello di terrorismo di Stato. Terzo, perché vi sono dei delitti che non vanno in prescrizione, e non solo perchè sono delitti di lesa umanità, ma in quanto delitti persistenti: la desaparecion, la scomparsa di persone, non si risolve finché non si dà sepoltura al corpo.  In questo senso, c' è anche la ricerca dei figli dei desaparecidos rubati dai militari, e dati in adozione o  addirittura venduti. Le "Abuelas" ( Nonne) di Plaza de Mayo continuano nella loro ricerca, anche in Italia.

 

Pensa che tener viva la memoria di quanto accaduto in Argentina, anche qui in Italia, sia un compito che le istituzioni dovrebbero sostenere maggiormente?
 
Il compito è della società, dei singoli individui e delle istituzioni. La conoscenza della Storia è indispensabile per molti motivi, anzitutto perché è triste persistere sugli stessi errori. Per avere consapevolezza di quanto è accaduto è necessario voltare pagina. Per fare un esempio, in Italia ci sono troppi poteri e interessi trasversali spesso occulti, come la P2, che è stata dichiarata illegale nel lontano 1981. Ma solo formalmente sepolta: basta confrontare il programma della Loggia e quanto di tutto ciò oggi è legge dello Stato ( cosa, tra l'altro, ammessa, qualche mese prima di morire, dallo stesso Licio Gelli in un'intervista, N.d.R.). L'Italia non potrà superare le sue ricorrenti crisi  se non fa una svolta etica che coinvolga in modo solidale tutti. Forse il primo passo è aprire gli archivi e fare i conti col proprio passato. Anche in rapporto all'Argentina.
(Fabrizio Federici)

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