di Paolo Petroni
E' a Roma la prima volta che lo spettacolo ''Refuse the Hour'' di e con William Kentridge viene rappresentato nella stessa citta' e in contemporanea con la presentazione dell'installazione ''The refusal of time'', vista solo a Dokumenta di kassel, all'interno della sua mostra ''Vertical thinking'', e cio' rende felice l'autore ''perche' le due cose sono state concepite e realizzate nello stesso tempo e cosi' si arricchiscono l'una con l'altra''. La performance sara' in scena da giovedi' 15 a domenica 18 novembre al Teatro Argentina (e in streaming su Telecomitalia.com) proposta dal festival RomaEuropa, mentre la mostra si aprira' venerdi' al Maxxi, dove restera' sino al 3 marzo.
In tutte e due i casi si tratta di una riflessione, un'indagine ''nata da una lunga serie di colloqui con il fisico Peter Gallison - come racconta l'artista sudafricano - sulle metafore del concetto di tempo, avendo scoperto che le metafore scientifiche hanno valenze forti e valore universale''. E Kentridge fa l'esempio dei celebri buchi neri, con la loro straordinaria forza gravitazionale che inghiottono tutto quanto sta loro intorno, ''rimandandoci al grande buco nero che e' nell'animo di ognuno di noi''. ''Man mano che affrontavamo e davamo una qualche vita a tante eccezionali teorie scientifiche - conclude l'artista - queste sono state da noi interiorizzate e spero sia quello che accadra' anche agli spettatori''.
Cosi' lo spettacolo inizia col mito di Perseo, che cerca di sfuggire al suo destino, come gli uomini che, pur conoscendo l'inarrestabilita' del tempo, tendono comunque a combatterlo, a opporgli resistenza ( da qui il ''Refuse'' del titolo), e finisce appunto con i buchi neri, proponendo tra questi due estremi diverse esplorazioni del concetto di tempo con i linguaggi piu' varii, dalla parola (Kentridge in scena tiene una specie di lezione sull'argomento) alle animazioni e le proiezioni, dalla musica e il canto al teatro di figura e la danza, grazie alla collaborazione con altri due artisti sudafricani, il compositore Philip Miller e la ballerina-coreografa Dada Masila, tra le nuove figure emergenti a livello internazionale.
Sono proprio questi ultimi due a far notare che ''ogni replica, ogni serata e' diversa da tutte le altre, visto il ruolo che ha l'improvvisazione, pur all'interno di una precisa struttura generale, perche' ognuno deve interagire sul momento con gli altri, partendo dalle parole di Kentridge, cui fa seguito la musica di Miller col suo piccolo ensemble e la danza della Masila. Davanti a un concetto tanto immateriale e astratto come il tempo, la musica, con i suoi ritmi, tempi, giochi e' apparsa subito come il veicolo migliore: ''Kentridge mi ha chiamato nel suo studio, mi ha fatto sentire ''Le spectre del a rose'' di Berlioz - racconta Miller - e mi ha chiesto se si poteva suonarla al contrario, partendo dalla fine, ed e' quel che accade ora anche nello spettacolo con musica e cantanti, tre voci femminili, davvero virtuosistiche''.
La mostra al Maxxi, a cura di Giulia Ferracci, propone nella galleria 5 l'installazione di Dokumenta nata in parallello con lo spettacolo, sugli stessi concetti, che Kentridge ha adattato alle suggestioni del luogo (dagli scorci sul resto del museo al pavimento con righe e angoli), quindi 14 serigrafie ''Vertical thinking'' inedite, i bozzetti prepratori per ''The refusal of time'', una maquette della messinscena dello spettacolo e sei opere di kentridge che gia' facevano parte della collezione permanente del museo.