Inflazione, il grande ostacolo dell’economia di Macri

Buenos Aires – L’economista e consulente Salvador Di Stefano è molto chiaro: “L’adeguamento dell’economia Argentina si basa su due grandi pilastri. Da un lato, portare il tasso di cambio ufficiale a un livello reale, che permetta di essere competitivi a livello internazionale. Il secondo passo è regolare i prezzi relativi dell’economia. Non possiamo continuare a sovvenzionare l’energia elettrica, il gas e il trasporto. Dobbiamo passare a tariffe reali, per incentivare l’investimento nei tre settori, e al tempo stesso mantenere uno schema di prezzi sostenibile nel tempo“.

Da poche ore si conosce l’opinione del caso argentino, in un esteso report elaborato dal premio Nobel, l’economista Joseph E. Stiglitz (e firmato insieme a Martin Guzman, PhD presso il Dipartimento d’Economia e Finanza nell’Università della Columbia Business School).

Dichiarano che “l’amministrazione di Macri ha ereditato un’economia delicata. Se non sta attento, l’Argentina potrebbe affrontare una crisi della bilancia dei pagamenti, dovuta al deterioramento delle condizioni esterne e alla cattiva gestione macroeconomica, soprattutto dal 2011“. Questo sembra essere il punto del deterioramento e di rottura per entrambi gli economisti nella loro analisi: “Dopo il 2011, invece di progettare attentamente le politiche macro e micro per favorire un aumento costante dell’offerta e della domanda, la maggior parte delle politiche hanno fomentato il sostegno della domanda aggregata, in un contesto che non era più puramente keynesiano“, affermano.

Affermano che il tasso di cambio continuò a incidere sulla strategia di sviluppo post-2003 dell’Argentina, e che le esportazioni e l’attività reale ristagnarono, né “i controlli del cambio e le restrizioni all’importazione si imposero per combattere la fuga di capitali e rafforzare la bilancia commerciale“, mentre “le riserve di valuta estera continuarono a crollare“.

Stigliz crede che il compito di Mauricio Macriè far fronte agli squilibri esterni e fiscali e ridurre l’inflazione, senza disfare quello che si è raggiunto. Nelle sue prime settimane, il suo Governo ha eliminato e ridotto le tasse sull’esportazione di prodotti di base e ha abolito i controlli di cambio, da qui è scaturita una svalutazione di fatto di circa il 35% del peso argentino nei confronti del dollaro“. Secondo la sua opinione, il futuro si presenta minaccioso e sarà una sfida per le autorità attuali. Pensano che “l’accelerazione dell’inflazione, un peggioramento della posizione commerciale (e, ancora più preoccupante, una maggiore erosione delle già ridotte riserve in moneta straniera) e un accentuato aumento della disuguaglianza, danno luogo al peggiore dei mondi possibili: la stagflazione“. Si riferiscono al ‘raffreddamento’ dell’economia senza limitazione dell’inflazione.

Le buone notizie che augura il premio Nobel all’economia si riducono al seguente scenario: “Il passaggio dei prezzi al consumatore attraverso l’eliminazione delle tasse all’esportazione e i controlli di cambio, l’effetto di questa svalutazione sulle esportazioni e importazioni, la risposta degli investitori stranieri al nuovo scenario e l’accesso al finanziamento che dipende da un accordo con i creditori non accettanti, i chiamati fondi condor“.

Secondo Stigliz, le azioni iniziali del Governo sono preoccupanti: “In particolare, il taglio permanente alle tasse sull’esportazione è un grande bonifico ai ricchi, con un gran costo per i lavoratori“, afferma. Tuttavia, crede anche che “le politiche economiche di Macri sembrano dipendere da presunte controversie su come la svalutazione influirà sui prezzi al consumatore e da come l’investimento risponde a politiche più orientate al mercato“. Indica che “il Governo dovrà reagire rapidamente, intervenire per evitare i possibili effetti recessivi o l’aumento della disuguaglianza e della povertà“.

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