Impassibile, perennemente pallido: Cesar Luis Menotti, che qualcuno definì il Buster Keaton degli stadi, ha sempre avuto un carattere particolare. Sembrava talvolta estraneo alla gioia e all’allegria, persino quando era allenatore dell’Argentina e vinse il primo titolo mondiale nel lontano 1978. In realtà la sua proverbiale flemma non solo era una maschera, ma anche una condanna: proprio durante il girone mondiale di quella Coppa del Mondo diversi testimoni asserirono che Menotti trascorse numerose notti insonni, che lo segnarono anche negli anni a venire. L’allenatore nazionale argentino costruì il suo trionfo soffrendo in silenzio, riuscendo di conseguenza a liberare i giocatori da ogni complesso e infondendo loro una mentalità vincente. I suoi modi distaccati e la sua apparente indifferenza, inoltre, gli permisero di resistere alle pressioni spesso insostenibili di cui fu oggetto in quei giorni. Senza mai alzare la voce, giocando spesso sull’enigmaticità, seguì la linea di condotta che si era prefissato all’inizio del campionato mondiale ed ottenne un successo che difficilmente in Argentina gli avrebbero perdonato di non conquistare.
Cesar Luis Menotti nacque a Rosario il 5 novembre del 1938 e, da calciatore, ebbe una discreta carriera come attaccante vestendo casacche illustri come quelle del Rosario Central, del Racing, del Boca Juniors e del Santos in Brasile. Una particolarità: proveniente da un’ottima famiglia, Menotti avrebbe potuto dedicarsi al polo tra un corso universitario e l’altro. Preferì tuttavia accostarsi e soddisfare la propria passione per il calcio, e da giocatore trovò anche la soddisfazione di arrivare in nazionale. Il suo storico soprannome era, ed è tuttora, El Flaco: dall’alto dei suoi 190 centimetri controllava con imponenza e padronanza il gioco. A 25 anni Luis Menotti era già flemmatico e sofisticato nelle sue esecuzioni: partì convinto e determinato alla conquista della capitale. Come detto, fece parte all’inizio del Racing Buenos Aires prima di diventare il regista avanzato del Boca Juniors.. Un’ incompatibilità di carattere con il monumento del club, Juan Carlos Lorenzo, lo spinse a lasciare il Boca Juniors per trasferirsi all’estero, prima a New York e poi in Brasile. A 32 anni era già un cosiddetto “giovane vecchio” e conosceva il football in tutte le sue svariate sfaccettature, avendo fra l’altro acquisito esperienze in campionati di paesi diversi. Accettò quindi con gioia il suo primo incarico di allenatore al Rosario Old Boys, anche se poi raggiunse la fama con l’Huracan di Buenos Aires: vinse infatti un leggendario titolo nazionale, che da quelle parti attendevano da ben quarantacinque anni.
El Flaco fu chiamato alla guida della selezione nazionale argentina all’indomani del girone finale della Coppa del Mondo 1974 in Germania. Nel 1978, poi, il trionfo che lo consacrò agli occhi di tutti. L’Argentina debuttò battendo 2-1 sia l’Ungheria che la Francia, mentre la sconfitta (0-1, guizzo di Bettega) contro l’Italia non pregiudicò il passaggio alla seconda fase. Menotti serrò le fila, lavorando soprattutto nella fase difensiva: nelle tre gare successive, che valevano l’accesso alla finale, l’Argentina non subì neanche una rete: 2-0 alla Polonia, 0-0 con i rivali di sempre del Brasile e il roboante 6-0 (ma non dimentichiamo gli strascichi polemici che ne seguirono) al Perù. In finale i sudamericani si imposero 3-1 dopo i tempi supplementari contro l’Olanda: fra i più festeggiati, insieme a Menotti, il capocannoniere Kempes, Daniel Bertoni, Ardiles, Luque e il capitano Passarella.
Quattro anni dopo, nell’edizione spagnola del 1982, Cesar Menotti fallì il clamoroso bis mondiale e la caduta fu piuttosto rumorosa: l’Argentina, che aveva in attacco il giovane ma già rampante Diego Armando Maradona, fu eliminata al secondo turno dopo essere stata battuta dall’Italia di Pablito Rossi e dal Brasile di Zico. Rinunciò al posto di tecnico della nazionale subito dopo il mondiale 1982; in totale, sotto la sua direzione, 84 partite giocate con 45 vittorie, 21 pareggi e 18 sconfitte. Successivamente El Flaco si trasfigurò in allenatore giramondo e viaggiò tantissimo: forse la tappa più significativa fu il Barcellona (in Spagna conquistò una Coppa di Spagna e una Coppa di Lega). Meno fruttifera, almeno professionalmente, fu l’esperienza con la nazionale maggiore del Messico; fu ingaggiato nel 1991 con un contratto di tre anni ma fu destituito dall’incarico nel 1992, per cedere il posto a Mejia Baron. Ebbe anche una fugace avventura in Italia, nel 1997, ma fu talmente breve e negativa che solo negli almanacchi c’è ancora qualche traccia del suo passaggio. Ora Cesar Luis Menotti è un apprezzato dirigente sportivo e lavora ovviamente in Argentina (ha ottenuto consensi soprattutto nell’Independiente): per le generazioni del futuro, tuttavia, il suo nome sarà per sempre associato alla prima coppa del mondo vinta dall’Argentina
Lucio Iaccarino