Il menù friulano di Rudy nel suo locale in Argentina

CODROIPO. Lo chiamano “el último inmigrante friulano”. E lui un po’ emigrante si sente. Proprio come suo bisnonno, che negli anni ’30 partì in cerca di lavoro e fortuna. La meta anche allora si chiamava Argentina.

Destini che si incrociano, storie di coraggio e intraprendenza che si ripetono quelle della famiglia De Tina. Rudy, codroipese doc, ci arriva per la prima volta il 28 novembre 2012. Alle spalle lascia una terra che ama, il Friuli, ma dove non è riuscito a realizzare i suoi sogni. Vedere il mondo lo ha sempre affascinato. E lui a 28 anni decide di partire. Non ha un’idea precisa in testa, anche se da tempo desidera aprire un ristorante. Un po’ come il bisnonno, diventato all'epoca capocuoco. Non sapeva ancora che in un paio di anni avrebbe inaugurato il “De Tina Restaurante”.

«Appena arrivato – racconta – fui ospite di parenti che vivono in Argentina da tre generazioni, i Mizzau, originari di Beano. Per anni in Italia mi ero dedicato alla ristorazione, anche grazie a corsi di cucina diretti da Germano Pontoni, presidente della sezione friulana della Federazione italiana cuochi, e l’idea di aprire un’attività mi ronzava in testa già da un po’. Intendevo affittare una trattoria a Camino, ma una mia parente dalla scarsa cultura gastronomica decise di aprirlo al posto mio soffiandomi il progetto. Poco male, perché da lì a poco decisi di partire per il “nuovo mondo”».

Non è facile all’inizio. Lavora come fattorino per un mobilificio, barman in un paio di discoteche, cameriere e cuoco in un ristorante di Colonia Caroya, piccola località a nord di Cordoba, fondata da emigranti friulani. «Qui molti anziani parlano tutt’ora un friulano fluente – spiega Rudy – ed é comune vedere giovani “gringos” giocare a morra». Anche a migliaia di chilometri di distanza si sente a casa. Poi ecco l’occasione. Ristrutturare una vecchia casa a Colonia. Il sogno si avvera. Il ristorante è all’interno di una cantina, la Bodega Nanini, fondata nel ’29 da Marcelino Nanini. La tenuta è di 300 metri quadrati, circondata dal verde delle vigne.

«L’idea é di mantenere lo stile della casa tipica friulana – dice –, ambienti accoglienti e intimi, cucina genuina, rigorosamente fatta in casa, ricette originali, ma lasciando spazio a piccole varianti per permettere al palato degli argentini di approfittare al meglio dei sapori della nostra terra». Ed è così che i “cjarsons” sono entrati come primo piatto nel menù. «Ciò che é successo a me – aggiunge – succede a tutti gli emigranti, trovare fuori casa ciò che a casa tua non trovavi. Ma non mi fraintendere, io amo il Friuli, ma lo amo come si ama una madre, può darti molto, ma non puoi dipendere da lei».

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