Incontro a Ferrara tra memoria e identità sui desaparecidos
di Anja Rossi
A trent’anni dalla fine della dittatura dei colonnelli in Argentina ancora nulla si sa della sorte di oltre 400 figli e figlie di desaparecidos, strappati alle loro madri prima di venire assassinate e venduti a delle famiglie ormai sparse in tutto il mondo. Questo è il pezzo di storia che accumuna Macarena Gelman e Manuel Goncalves Granada, figli “rubati” che hanno scoperto solo da grandi la loro vera identità grazie al costante impegno delle Abuelas, le nonne di Plaza de Majo che ancora ricercano i propri nipoti.
L’incontro Memoria e identità – che si è tenuto presso il centro per le famiglie Isola del tesoro – ha voluto raccontare queste due testimonianze, presentate da Horacio Czertok e Daniele Lugli e con la partecipazione di Libera e dell’Associazione 24 marzo.
Il primo a raccontare il dramma dei desaparecidos argentini è Manuel, che ha scoperto la sua vera identità solo a diciannove anni. Il padre fu sequestrato e assassinato dalle forze di polizia argentine, la madre scappò e trovò rifugio in una casa insieme a un’altra madre con due figli. Nel novembre del ’76 le milizie circondarono l’abitazione e spararono a raffica allo scopo di sterminare le due famiglie. L’unico a salvarsi fu Manuel, che in seguito fu adottato da una famiglia grazie al collaborazionismo tra giustizia e regime. “Le nonne di Plaza de Majo hanno lottato tutta la vita per ritrovare la mia generazione e così mi sono ritrovato anche io – spiega Manuel che continua – la parte più dura è stata fatta da queste nonne che oltre ad avere ritrovato 107 di noi, hanno creato un riconoscimento sociale della questione e hanno stabilito l’importanza del diritto all’identità. La ricerca della propria identità non sta solo nel nome e andrò dove sarà necessario per aiutarle, raccontando la mia storia e dando maggiore diffusione possibile a questo dramma collettivo”.
La seconda storia è quella di Macarena, che scopre di essere figlia di desaparecidos all’età di 23 anni. I genitori furono sequestrati e mentre il padre viene ucciso senza alcuna ragione, la madre viene trasferita illegalmente in Uruguay dove partorirà Macarena. “Sono stata con mia madre solo due mesi, poi sono stata lasciata sull’uscio della casa di un poliziotto che ho considerato mio padre finché non ho saputo la verità grazie a una campagna pubblica. Facendo l’esame del Dna ho così conosciuto la storia che ora racconto in giro per l’Italia e per il mondo, spinta dalla necessità di ricostruire una storia che è collettiva”.
Jorge Ithurburu dell’associazione 24 marzo sottolinea l’esistenza di una banca dati in cui sono depositati i patrimoni genetici di tutte le nonne che hanno cercato o cercano ancora i loro nipoti. Chiunque interessato può fare l’esame del Dna e confrontarlo con quelli presenti nel database.
Per concludere è stato proiettato il film documentario Verdades verdaderas: la vida de Estela di N. Gil Lavedra.
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