Governo, Berlusconi esclude ultimatum: ma se il Pd mi caccia non si …

E, dal momento che ha la penna in mano, mette la propria rotonda firma anche sui moduli degli altri sei sui diritti civili, che chiedono, tra l’altro, l’abrogazione di alcune leggi, come la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi, partorite dagli stessi governi del Cavaliere. Agli occhi raggianti di un variopinto, nell’abbigliamento, Pannella, è l’incontro con una sorta di figliol prodigo, che avviene giusto a metà strada tra palazzo Grazioli e la storica sede dei radicali di via di Torre Argentina. Ma prima di diffondersi sui temi della giustizia, tra cui troverà modo per l’ennesima stoccata a quella parte della magistratura che da vent’anni lo insegue «spinta da un pregiudizio politico», Berlusconi intende correggere, o correggersi, rispetto ai giornali del mattino che nei loro titoli gli hanno messo in bocca un aut aut tra la sua decadenza da senatore e la vita del governo.

«Non ho pronunciato nessun ultimatum - dice il Cavaliere - voglio ricordare che questo governo è stato voluto fortissimamente da me, ha fatto cose egregie come per il rilancio dell’edilizia, e sono convinto che l’Italia abbia bisogno che il governo continui a governare». Vestiti i panni della colomba per la prima scena dell’improvvisata conferenza stampa in piazza, il Cavaliere riposiziona le artiglierie sulla questione che più sembra premergli in questi giorni: la sua permanenza in Parlamento. E dice: «E’ una cosa che rientra addirittura nell’assurdità che una forza democratica come vuole essere il Pd, pretenda che un’altra forza democratica alleata possa restare a collaborare al tavolo del governo se gli si sottrae il fondatore e leader». «Ti immagini - domanda Berlusconi a un sogghignante Pannella - cosa sarebbe successo se i comunisti avessero sottratto De Gasperi alla Dc o se, viceversa, la Dc avesse sottratto loro Togliatti? E loro non erano neppure fondatori dei rispettivi partiti, come lo sono io del mio!».

MARCO RAGGIANTE
Il Cavaliere parla negli scarsi spazi che il sempre fluviale Pannella gli lascia davanti alla folla di giornalisti e di qualche volenteroso che, venuto a firmare, si è visto scavalcato dall’irruzione del leader azzurro e della sua corte. Berlusconi - di fatto a Canossa dopo aver rifiutato per decenni di aderire alle proposte referendarie dei radicali - dice di voler sottoscrivere anche i referendum che non lo trovano d’accordo, «per difendere il diritto di ogni cittadino a esprimere il proprio voto su tutti i quesiti». Pannella, che sprizza soddisfazione da ogni poro per la palinodia del mancato compagno di strada su quel percorso liberale immaginato e subito abbandonato all’esordio di Forza Italia nel ’94, gli ricorda la colpa di non aver appoggiato nel 2000 una raffica di referendum radicali sulla giustizia. «Che vuoi Marco - è la risposta - allora ero inesperto della politica e pensavo che, una volta vinte le elezioni, quelle riforme le avremmo potute fare in Parlamento. Le cose non andarono così anche per colpa dei miei alleati di allora, Fini, Casini... Se una colpa ho - si scusa il Cavaliere - è di non essere riuscito a convincere gli italiani a darmi il 51% dei voti». Berlusconi trova lo spazio anche per un attacco alle ”toghe rosse“ di cui si proclama ancora vittima: «C’è un disegno preciso, vogliono eliminarmi. Le condanne che ho avuto sono soltanto politiche. Hanno l’obiettivo di favorire la sinistra perché possa prendere definitivamente il potere». «Se sono in questa situazione è per colpa di una parte della magistratura. Di quel pregiudizio politico che c’è in Magistratura Democratica che, dopo 41 processi in cui non sono riusciti ad arrivare ad alcuna condanna, hanno deciso - ha affermato il Cavaliere - di avvalersi di un’altra strategia: diventare, con l’accondiscendenza anche di altri giudici, ”padroni“ di tutti i collegi che mi hanno giudicato»

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