Football Legend: Diego Armando Maradona, 10 tutto genio e …

MaradonaParlare di Diego Armando Maradona significa parlare di Calcio, con la C maiuscola. L’attaccante di Lanus è riconosciuto, sin dall’inizio degli anni Ottanta, come il miglior calciatore della storia del calcio mondiale. Le sue giocate, la sua tecnica, il suo essere stato sopra le righe, l’aver trascinato (da solo) l’Argentina a vincere il Mondiale messicano del 1986 ed il Napoli a far paura alle squadre del Nord Italia, lo rendono ad oggi un “immortale”, sia in patria che nella città di san Gennaro. Maradona è stato il bello del calcio e grazie al calcio è potuto scappare da una vita di miseria in Argentina e diventare un calciatore di successo in Europa.

Il “pibe de oro” (trad. “ragazzo d’oro”) ha diviso le masse: chi lo considera il più forte calciatore della storia, chi un bluff, chi un idolo, chi a considerarlo un uomo che senza il calcio non sarebbe stato nulla. Insomma, il numero 10 per antonomasia ancora oggi, all’età di (quasi) 56 anni divide ancora le masse. L’Argentinos Juniors, la prima squadra dove iniziò a giocare da professionista, dal 2003 ha affiancato al nome del suo stadio, il “Paternal”, quello del calciatore argentino più famoso (e forte) della storia del calcio: per la prima volta un calciatore aveva (e ha tuttora) intitolato uno stadio…da vivo.

Ma vediamo come si è sviluppato il talento di Maradona.
Maradona è stato il classico “numero 10”: fantasia, dribbling, velocità (nonostante non un fisico prestante), controllo di palla, abilità nei calci piazzati e di piazzare l’assist giusto al momento giusto al compagno giusto.

Maradona nacque a Lanus, cittadina a sud della capitale Buenos Aires, il 30 ottobre 1944 da Diego e da Dialma, detta “donna Tota”. E’ il terzo di sette fratelli: uno di questi, Hugo, giocherà in Serie A nell’Ascoli nella stagione 1987/1988 con esiti molto deludenti.

La prima squadra di Maradona è stata, come detto, l’Argentinos Juniors: con la squadra dei “bichos colorados” giocò sin dalle giovanili e nel 1976 debuttò, a quasi sedici anni, in prima squadra, con Juan Carlos Montes in panchina. Con la maglia rossa giocherà fino al 1981, non vincendo nessun titolo, ma a livello individuale sia aggiudicò due volte la classifica cannonieri e fu eletto per due volte consecutive miglior giocatore sudamericano, nel 1979 e nel 1980.

Con la maglia dell’Argentinos guiderà la Seleccion Under 20 alla vittoria nel Mondiale di categoria in Giappone nel 1979 e due anni prima debuttò nella Nazionale albiceleste di César Luis Menotti, che però non lo convocò per il Mondiale casalingo del 1978, vinto proprio dall’Argentina. Maradona a 18 anni era già riconosciuto come uno dei talenti calcistici del futuro.

Nell’estate 1981, Maradona passò al Boca Juniors, il club più prestigioso di Argentina. Con i “xeneizes” militò una sola stagione (vincendo un campionato metropolitano) in quanto l’anno successivo sbarcò in Europa: il Barcellona di mister Udo Lattek lo mise sotto contratto e, come tanti calciatori argentini della storia, venne a giocare in Europa. La cifra sborsata dai blaugrana è stata pari a 12 miliardi, una cifra molto alta per un ventiduenne di grandissime prospettive. In Catalogna, Maradona giocò due stagioni senza particolari brillii. L’anno dopo il suo arrivò fu ingaggiato mister Menotti, colui che lo fece debuttare in Nazionale, e quella stagione fece vedere cose pregevoli. Ma il destino volle che Maradona in Spagna non solo contrasse un’epatite virale, ma subì anche un gravissimo infortunio contro l’Athletic Bilbao, quando il difensore basco Andoni Goikoetxea fece una brutta entrata sul giocatore, rompendogli la cavigliai. Era il 24 settembre 1983 e si temette per il proseguo della carriera di Maradona. Il giocatore tornò in campo molto tempo dopo ed il destino volle che la finale di Coppa del Re del 1983 fu contro i baschi e Maradona si vendicò del rivale scatenando una rissa in campo. La vittoria, però, andò all’Athletic per 1 a 0. Nell’estate 1984 Maradona cambiò aria: lasciò il Barcellona con 58 presente e trentotto reti, vincendo una Coppa di Spagna, una Coppa di Lega ed una Supercoppa di Spagna.

Ma dopo due anni il matrimonio di Dieguito con il Barça fallì e il giocatore allora considerato più forte del Mondo stava per accasarsi in Serie A: il Napoli del presidente Corrado Ferlaino pagò ben 13 miliardi e si accaparrò le prestazioni del “pibe de oro”.. Il club partenopeo non ebbe subito i soldi “cash” da dare al Barcellona che incassò al somma pattuita molto tempo dopo.

Il 5 luglio 1984 il giocatore fu presentato in uno stadio “San Paolo” pieno all’invero simile per vedere i primi palleggi del ventiquattrenne argentino. La Serie A quell’anno poteva contare sul più forte giocatore del Mondo (Maradona) e su quello più forte d’Europa (Platini), oltre ad essere un campionato di prim’ordine a livello globale.

Con il Napoli, Diego Armando Maradona giocò sette stagioni dove vinse due scudetti (1986/1987, 1989/1990), una Coppa Italia (1986/1987, terza squadra italiana a fare l’accoppiata scudetto-coppa nazionale nella stessa stagione, dopo il Torino nel 1943 e la Juventus nel 1960), una Supercoppa italiana (1990) ed una Coppa UEFA (1988/1989, contro lo Stoccarda), oltre a vincere una classifica marcatori nella stagione 1987/1988 con sedici reti.

Il Napoli in quel periodo conquistò due secondi posti, un terzo, un settimo ed un ottavo. I due peggiori piazzamenti si materializzarono con la prima e l’ultima (sofferta) stagione del numero 10 in Italia.

La stagione 1990/1991 fu la sua ultima con la maglia del Napoli: la positività ad un controllo antidoping (cocaina) il 17 marzo 1991 lo fece squalificare per 18 mesi e quel giorno finì la sua carriera nel Napoli. Con la maglia azzurra, Maradona disputò 259 partite, segnando 116 reti: a distanza di 25 anni, nessuno ha mai fatto più gol di lui con la maglia del club del “ciuccio”.

Al termine della squalifica, Maradona si accasò al Siviglia, in Liga, nel 1992. L’esperienza non fu esaltante, anche se il “pibe” segnò cinque reti in 26 apparizioni. Quella con la maglia degli andalusi fu la sua ultima in Europa: a fine stagione tornò in Argentina e si accasò ai Newell’s Old Boys di Rosario, dove fece però molto poco (5 caps, zero reti). L’anno successivo passò ancora al Boca Juniors, dove rimase due anni chiudendo la carriera alla soglia dei 37 anni. Con Siviglia, Newell’s e “xeneixs” non vinse nessun titolo, né a livello di club né a livello personale.

Le soddisfazioni furono però maggiori con la maglia della Nazionale argentina.
Con la Seleccion, Maradona debuttò nel 1981 e giocò ininterrottamente fino al Mondiale 1994 (salvo la parentesi doping): disputò quattro mondiali consecutivi, vincendone uno (Mexico ’86) ed arrivando secondo in un altro (Italia ’90). Il Mondiale americano vide Maradona trovato ancora positivo all’antidoping (efedrina) e fu cacciato dalla manifestazione. Il giocatore si dichiarò estraneo alla vicenda, in quanto non sapeva di aver preso quella sostanza dopante contenuta in bevanda che aveva come eccipiente quel tipo di anfetamina legale in Argentina, ma vietata (la bevanda) negli Stati uniti.

Con la albiceleste arrivò anche terzo nell’edizione del 1989 della Coppa America tenutasi in Brasile.
In Nazionale, Maradona è passato alla storia in una partita del Mondiale messicano: il quarto di finale dell’”Azteca” contro l’Inghilterra del 22 giugno 1986. La Nazionale sudamericana vinse 2 a 1, con una doppietta del suo numero 10. Le reti sono ancora oggi leggenda, la “mano de Dios” ed il “gol del secolo”: al 51′, nell’area inglese, su una palla alta arrivarono contemporaneamente Maradona e Shilton, il portiere dei Leoni. I due si scontrarono, ma Maradona, furbescamente, toccò la palla con la mano sinistra che superò il numero 1 inglese e si insaccò per il vantaggio argentino; al 57′ Héctor Enrique prese palla a ridosso della metà campo albiceleste e passò la palla al suo capitano. Il numero 10, in dieci secondi, si involò verso la porta di Shilton scartando, palla al piede, ben cinque avversari e Shilton per il gol del 2 a 0. Quel gol a distanza di quasi trent’anni non ha mai avuto eguali nella storia del calcio e dei Mondiali.

In Nazionale, dal 1977 al 1994, Maradona giocò 91 incontri siglando 34 reti, diventando il sesto giocatore con più caps ed il quarto con più marcature, ma per un certo periodo è stato il leader in entrambe le classifiche.
Dopo due brevi esperienze da allenatore con gli argentini del Mandiyú di Corrientes e con il Racing Club de Avellaneda, nel 2008 Maradona è stato nominato CT della Nazionale argentina. La sua esperienza fu di due stagioni e terminò durante il Mondiali in SudAfrica, dove l’albiceleste uscì nei quarti “strapazzata” nei quarti di finale dalla Germania. Dopo l’addio alla Nazionale, Maradona ha allenato a Dubai l’Al-Wasl Sports Club.

Ad oggi Maradona è fuori dal calcio.
A distanza di anni, Maradona è ancora un mito: è un mito per i napoletani, che grazie a lui e ai trionfi del Napoli hanno potuto riscattarsi e poter competere per lo scudetto con le grandi squadre del Nord; è un mito per le persone in difficoltà che hanno trovato nel numero 10 di Lanus un degno rappresentante che, nonostante i tanti soldi guadagnati e la fama conquistata, non si è mai montato la testa e ha portato in giro per il Mondo l’animo e la causa delle persone povere.

Maradona rientra nel novero dei Grandi del calcio mondiale, un talento indiscutibile: genio e pazzia allo stesso tempo, classe ed “ignoranza” a braccetto.
I problemi di salute che lo hanno colpito a partire dalla fine degli anni Novanta hanno fanno stare i pensiero tutti i suoi tifosi sparsi in giro per il Mondo: dai continui problemi con la droga all’obesità; dall’aritmia ventricolare e una crisi ipertensiva alla disintossicazione massiccia; dall’infarto al bypass gastrico.

Inoltre a Maradona hanno intitolato uno stadio ed in Argentina è molto facile trovare statue raffiguranti l’ex calciatore del Napoli in molti luoghi. Addirittura nella stessa Napoli, in piazza Nilo, è presente un’edicola votiva con una sua immagine con indosso la maglia azzurra del Napoli che è motivo di attrazione per il centro della città partenopea, non solo di carattere religioso.

Maradona personaggio istrionico e a tutto tondo: presentatore, scrittore (della sua autobiografia), comparsa in un film di Neri Parenti (“Tifosi”, 1999). Insomma, un personaggio a tutto tondo e dalla mille sfaccettature.

Si dice da anni che Lionel Messi sia l’erede designato di Maradona, anche a livello di Nazionale. La “pulga” condivide il numero di maglia e la fascia di capitano dell’Argentina come fu ai tempi il “pibe de oro”, ma anche alcune giocate ed alcuni gol (contro il Getafe, con il Barcellona, in Coppa del Re, nell’aprile 2007 ha segnato una rete simile al “gol del secolo”). L’impresa è difficile, anche perché di Maradona ce ne è stato uno solo. Gli altri erano, sono e saranno sole imitazioni.

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