L’Argentina è un paese ricco, che partecipa al G20 e può pagare i suoi debiti senza cadere in bancarotta. Pertanto, deve farlo subito e in contanti. Questa, in sintesi, è l’argomentazione che i fondi di investimento Elliot Aurelius e Olifant hanno presentato alla Corte Suprema americana, chiamata a decidere se deliberare sulla causa locale dei Tango Bond, oppure se declinare la propria responsabilità ad intervenire e confermare i due precedenti verdetti in cui, in entrambi i casi, Buenos Aires è stata intimata a risarcire cash i cosiddetti Tango Bond, diventati carta straccia in seguito alla crisi del 2001.
Nella strategia di temporeggiamento e difesa del governo argentino, è stato fatto presente ai giudici di Washington che per poter rispettare le sentenze, lo Stato tornebbe a cadere in un default tecnico, non potendo pagare tutta la somma in contanti. «I reclami di tutti gli holdouts – che in Argentina vengono amichevolmente definiti “fondi avvoltoio” – supera i 15 miliardi di dollari. Mentre il principale capitale di titoli ristrutturati arriva a 24 miliardi. D’altronde, le riserve della Banca Centrale argentina, che non dovrebbero essere utilizzate per questioni legate al debito, ammontano circa a 28 miliardi», ha detto a fine febbraio Hernan Lorenzino, l’ex ministro dell’economia che ha portato avanti il negoziato americano.
In questo caso, i due fondi di investimento coinvolti corrono per circa 1 miliardo 300 mila dollari, che potrebbero però aprire un effetto domino con tutte gli altri crediti ancora non riscossi. I Tango Bond in questione, sono quelli rimasti in circolazione dopo le offerte di re per difetto che l’Argentina ha presentato con successo negli anni scorsi (2006 e 2010), pagando circa il 50% del valore ricevuto dai suoi creditori a suo tempo, tra i quali, com’è noto, stavano anche moltissimi piccoli risparmiatori italiani.
Ora, la Corte Suprema americana si esprimerà sul dafarsi, rendendo noto il suo parere il prossimo 19 maggio. In ogni caso, il contenzioso sarà risolto entro fine luglio, e poi si vedrà quale delle due parti avrà vinto e quale altra avrà ragione in merito al rischio default. Di certo c’è che a gennaio dell’anno scorso, l’Argentina era considerato il Paese al mondo con la maggior probabilità di default, stando ai tassi d’assicurazione contro la banca rotta che pagavano a suo tempo Credit Market Analysis e Deutsche Bank.