La ‘novità’ politica di questi giorni è concentrata tra venerdì e sabato scorsi, questa ‘strana’ ritrovata sintonia tra Silvio Berlusconi e Marco Pannella, e la decisione del leader del PdL di sottoscrivere tutte e dodici le richieste referendarie proposte dai radicali. Chi vi scrive è stato testimone diretto di incontri, colloqui, quelli che s’usa dire ‘retroscena’.
Lasciamo perdere i facili sarcasmi secondo i quali un Pannella ormai vecchio, logoro e spompato si sarebbe aggrappato, pur di stare a galla, alla sponda offerta da Berlusconi. Sono almeno cinquant’anni che si preconizza il declino del leader radicale, se ne certifica la morte e il fallimento politico, si insinua che venda e svenda la sua storia, i suoi valori e patrimonio ideale, barattandoli a qualche piatto di lenticchie. E’ facile obiettare che spesso proprio chi accusa, poi muore (politicamente, beninteso), sono tanti i cadaveri che Pannella nel corso della sua lunga vita ha visto scorrere sotto i suoi occhi, o sedersi al tavolo per partecipare al lauro banchetto. Oppure, in alternativa, si dirà che è Berlusconi, disperato, ad essersi consegnato a Pannella, ultima di tante carte vanamente giocate; e si disegnano scenari fatti di machiavellici piani. Come di solito accade, le cose sono più semplici, la porta è spalancata, ma si guarda dal buco della serratura.
Facciamo dunque, per cercare di capire cos’è accaduto, un passo indietro e uniamo i vari fili. Pannella oggi ricorda che «da mesi, pubblicamente, lancio appelli augurandomi che Berlusconi sapesse e volesse ritrovare quello spirito ‘liberale’ che lo aveva animato vent’anni fa: quando spontaneamente aveva deciso di fare suo le iniziative radicali, e firmò i referendum d allora; e poi in nome di quei valori decise di praticare una forma di ‘desistenza’ in numerosi collegi elettorali rinunciando a far eleggere suoi candidati, e consentire così che fossero eletti in Parlamento dei radicali».
Si dirà: va bene, ma questa è storia ormai. Cos’è accaduto oggi?
Vent’anni dopo: a voler fare una sommaria cronologia degli ultimi avvenimenti, si può provare a partire dal 26 agosto scorso: quando Pannella rilascia un’intervista al ‘Il Foglio’, che la pubblica in prima pagina, con l’evidenza che si riserva alle cose di grande rilievo. In quell’intervista Pannella dice che Berlusconi può uscire dall’angolo in cui si è cacciato a patto di diventare il leader referendario e riformatore contro partiti e giornali-partito che lavorano per la ‘guerra civile’. Al tempo stesso deve fare quanto è in suo potere perché in Governo Letta possa continuare. Il direttore del ‘Il Foglio’, Giuliano Ferrara, capisce subito che non si tratta di un parlare a vanvera, e alla proposta pannelliana dedica, lo stesso giorno, un editoriale, ‘La soluzione Pannella’, facendola sua. E’ una breccia. Ferrara è da sempre un consigliere attentamente ascoltato da Berlusconi. Il giorno dopo a scendere in campo è un altro cavallo di razza della scuderia editoriale dell’area di centro-destra, Vittorio Feltri, che su ‘Il Giornale’, scrive un commento di sostegno ed entusiastica approvazione. Seguono il direttore di ‘Italia Oggi’, Pierluigi Magnaschi, uno degli editorialisti principe de ‘La Stampa’, Marcello Sorgi, e ancora su ‘Il Foglio’, un altro editorialista elegante e raffinato, il professor Guido Vitello.
E’ in questa cornice che matura l’incontro -venerdì scorso- tra Berlusconi, Angelino Alfano e Gianni Letta da una parte; Pannella, e i dirigenti radicali Maria Antonietta Farina Coscioni e Maurizio Turco. Di quell’incontro e di quel che ne è seguito, sono stato testimone diretto, a differenza dei tanti che ne hanno scritto, con numerose inesattezze. Per esempio: tutti i resoconti del sabato (ad eccezione de ‘Il Foglio’), hanno riferito che l’incontro ha avuto luogo a palazzo Grazioli, abitazione romana di Berlusconi. No, si è svolto nella mansarda dove da sempre vive Pannella: Berlusconi, Pannella e tutti gli altri, si sono ritrovati attorno al tavolo scuro di cucina del leader radicale, che si è rammaricato di non aver nulla da offrire perché tutt’intorno era chiuso, e nella sua dispensa c’erano solo lattine di Coca Cola, generosamente offerte, ma che nessuno ha bevuto…
Un incontro durato circa due ore: i 12 referendum, l’amnistia, la giustizia, la necessità di scongiurare l’evocata crisi del Governo Letta, il che fare, come farlo, se sia opportuno e necessario farlo; questi i temi del confronto. E Berlusconi non ha nascosto che sposava senza riserve i sei referendum sulla giustizia, ma aveva difficoltà a sottoscrivere gli altri sei: tre, ha ricordato, riguardano leggi volute e approvate dal suo Governo: la Bossi-Fini sull’immigrazione, la Fini-Giovanardi sulla droga; l’otto per mille; difficoltà sulla richiesta referendaria per il divorzio breve, nel timore di irritare le gerarchie vaticane e l’ala cattolica del suo partito; contrarietà all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti…E Pannella come un trapano, a spiegare che in Vaticano, con Papa Francesco, molto è cambiato; Berlusconi a controribattere che dei voti della Lega ha ancora bisogno; Pannella a obiettare che gli elettori della Lega già in passato avevano sottoscritto entusiasticamente i referendum radicali; Berlusconi che dice “avrei voluto fare queste cose, quando ero a Palazzo Chigi, ma i miei alleati, Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini, sistematicamente remavano contro”, e Pannella a rimbeccarlo: “Dai sempre la colpa a qualcuno, per quello che tu non hai saputo o voluto fare…”. Un ping pong durato due ore, al termine delle quali Berlusconi stringendo la mano a Pannella promette che ci avrebbe riflettuto con i suoi stretti collaboratori e avrebbe fatto sapere. Che ne dice Pannella? “Sono ottimista”, è la risposta.
Verso le 20 di quello stesso giorno la doccia fredda: l’ ‘ANSA’ diffonde una notizia, attribuita ad ambienti di Palazzo Grazioli, secondo la quale Berlusconi è intenzionato a firmare i soli sei referendum sulla giustizia, e lo farà nella mattinata di sabato. A dar credito a quella notizia, le due ore di incontro Berlusconi-Pannella non sono servite a nulla…
Pannella non si dà per vinto.
Sabato di buon ora si presenta a palazzo Grazioli, il colloquio con Berlusconi è stato un vero e proprio pressing fatto di scenari futuribili e richiami al passato, citazioni di autori che forse Berlusconi neppure conosce, Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei, Ernesto Rossi…un turbine di parole, un continuo riferirsi a episodi pubblici e privati, i figli e l’adorata madre, Pannella fa ricorso a tutto il suo repertorio e alle sue indubbie doti deduttive. Finisce che entrambi, quasi sottobraccio, si recano a Largo Argentina, e lì Berlusconi firma tutti i 12 referendum, anche quelli che non condivide «perché è giusto consentire agli italiani di potersi esprimere su questioni così importanti e delicate». Non solo: si pronuncia anche a favore dell’amnistia e contrario a una crisi di Governo, perché, osserva con un filo di malizia qualcuno dell’entourage berlusconiano, il Cavaliere mai farà cadere un Governo che si chiama Letta.
Certo, sabato mattina l’espressione del leader radicale era quella del gatto che ha appena divorato un saporito topo; ma se glielo chiedete, lui vi dirà sempre e solo che “a vincere è la democrazia, una vittoria di tutti contro nessuno, il trionfo del diritto”. Vi aggiungerà che un passo importante è stato fatto, e che però le firme per i 12 referendum vanno ancora in buona parte raccolte, e il tempo scorre veloce, ci sono si è no un paio di settimane a disposizione
E Berlusconi? Chi gli è vicino e ne raccoglie i pensieri, confida che continuerà a tenere sotto schiaffo il Governo Letta con una politica di bastone e carota; e in particolare a essere sotto tiro saranno i Ministri targati PdL, di cui teme tradimenti e coltellate alla schiena. Al tempo stesso lavorerà alacremente per la ricostituzione del ‘suo’ partito, quella Forza Italia che secondo le indiscrezioni verrà affidato ai ‘duri’ Denis Verdini e Daniela Santanché, con buona pace di una ‘colomba’ come Angelino Alfano.
La cruna d’ago è costituita da una disputa che lacera il PdL: un’ala, quella ‘dura’, punta alle elezioni nel 2014, con Berlusconi leader, sia pure non candidabile; e le ‘colombe’ che, al contrario, vorrebbero far superare al Governo Letta il semestre europeo e votare nel 2015, possibilmente con un nuovo leader. Questo il braccio di ferro che condizionerà in modo determinante i prossimi equilibri e scenari politici.