Argentina. Senza esclusione colpi battaglia tra governo Kirchner e …

Pubblicato il 31 ottobre 2013 11.53 | Ultimo aggiornamento: 31 ottobre 2013 11.53

ARGENTINA, BUENOS AIRES – La sentenza della Corte Suprema che ha dichiarato costituzionale, e dunque pienamente applicabile, la legge sui media varata quattro anni fa dal Parlamento è l’ennesimo capitolo di una battaglia fra il Grupo Clarin -principale holding multimediale dell’America Latina- e i governi di Nestor e Cristina Kirchner. Uno scontro che – denunciano alcuni osservatori – minaccia ormai la libertà di espressione nel paese.

Migliaia di manifestanti kirchneristi hanno festeggiato davanti alla Casa Rosada la decisione dell’alta corte. E Buenos Aires si è svegliata coperta di manifesti, ispirati evidentemente dal potere politico, nei quali la sentenza -che obbligherà il gruppo Clarin a rinunciare a molte licenze radio tv- è assimilata addirittura al trentesimo anniversario della fine della dittatura militare, con lo slogan “c’è più democrazia”. Sul fronte opposto Clarin -il quotidiano più venduto del Paese- ha diffuso un comunicato nel quale evoca la possibilità di ricorrere alla giustizia internazionale, denuncia che la sentenza ignora “il valore dell’indipendenza della stampa quale condizione della libertà di espressione” e segnala come ormai “oltre l’80% dei media audiovisivi argentini dipendano direttamente o indirettamente da ambienti filo-governativi”.

La radicalizzazione dello scontro è tale che ogni tentativo di mediazione appare a questo punto inconcepibile: da una parte il kirchnerismo (in crisi di consensi, come dimostrato dal recente voto di medio termine) si scaglia contro un gruppo editoriale ‘ostile’ accusato non solo di voler “monopolizzare il mercato”, ma anche di collusione con la vecchia dittatura militare e di disinformazione deliberata (“Clarin mente” è uno slogan governativo); mentre dall’altra si denunciano le manovre del potere e dello staff della ‘presidenta’ per zittire una delle voci non allineate più ascoltate, secondo la stessa tendenza autoritaria imputata nel continente latino-americano anche al chavismo in Venezuela o a Rafael Correa in Ecuador.

Eppure i rapporti fra i Kirchner e Clarin furono del tutto cordiali durante la presidenza di Nestor Kirchner, il defunto marito dell’attuale capo dello Stato: tanto che in quel periodo il gruppo si vide autorizzare la scalata alle due principali tv via cavo del Paese, in conseguenza del quale oggi la quasi totalità delle famiglie argentine è abbonata a una sola azienda.

La rottura risale al 2008, quando il governo si trovò di fronte a una forte protesta agricola e cominciò ad accusare i media del gruppo Clarin di cavalcare le contestazioni. Questo portò a un misterioso incontro personale fra Nestor Kirchner e l’amministratore delegato di Clarin, Hector Magnetto: incontro su cui esistono versioni opposte e racconti di presunte minacce incrociate, ma che comunque diede il la alla ‘guerra’. Da allora, e sopratutto durante la seconda presidenza di Cristina Kirchner, lo scontro è diventato “la madre di tutte le battaglie” politiche argentine, secondo le parole di un dirigente kirchnerista.

E il clima di ostilità ha generato campagne di attacchi reciproci, con analisti, rubriche e interi programmi tv dedicati quasi solo ad alimentare la polemica. Anche dopo la sentenza della Suprema Corte è facile prevedere che la battaglia continuerà, con i ricorsi internazionali e non solo. Tanto più sullo sfondo dello scossone politico determinato in Argentina dalle ultime elezioni, con l’ascesa della ‘fronda’ peronista ribelle di Sergio Massa e il possibile tramonto della stella di Cristina.

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