"L'Argentina è pronta a negoziare con [creditori] holdout". Lo ha riferito un legale del Paese presieduto da Cristina Fernández nel corso di un'audizione che si è svolta ieri a New York. Al momento però "un'offerta non si sta verificando". Tale volontà sembra rappresentare un punto di svolta in una vicenda che si è incrinata lunedì, quando la Corte Suprema americana ha confermato una sentenza del 2012. Di fatto, prima di emettere il prossimo pagamento sui bond frutto di quelle ristrutturazioni (avvenute nel 2005 e nel 2010), il governo di Buenos Aires deve versare ai fondi 1,3 miliardi di dollari.
I negoziati, ha riferito l'avvocato, ci saranno la settimana prossima a New York. In precedenza l'Argentina aveva escluso le trattative come dimostrato lunedì nel discorso tv da 25 minuti di Fernández, che definì le richieste degli hedge fund "un'estorsione".
Di fatto il governo argentino ammorbidisce la sua linea dopo che la Corte Suprema Usa aveva lasciato il Paese con due scelte: raggiungere un'intesa con i creditori o cadere in default sul prossimo pagamento, in calendario il 30 giugno. L'impressione è che l'ultima opzione sarebbe troppo costosa.
Durante l'audizione i legali dell'Argentina hanno inoltre detto che il Paese non cercherà di effettuare lo swap tra titoli a debito regolati dalla legge americana con altri che cadono sotto la legislazione argentina. Una sorta di marcia indietro dunque rispetto all'annuncio di martedì notte del ministro argentino delle Finanze, Axel Kicillof e volto proprio a raggirare la pronuncia della Corte Suprema. Il piano infatti non solo era senza precedenti nella storia del mercato di bond sovrani ma aveva anche sollevato dubbi tra gli investitori sulla sua fattibilità legale e sulla tempestività di un'eventuale esecuzione.
D'altra parte, il giudice americano Thomas Griesa davanti al quale i legali argentini si sono presentati ieri, ha spiegato che tale piano violerebbe le indicazioni arrivate dalla Giustizia statunitense.
Il conto alla rovescia per un default è infatti già iniziato ma il mercato sembra credere in un'intesa: i bond argentini in scadenza nel 2033 si sono risollevati ieri, mercoledì 17 giugno, dai minimi di tre mesi.