Buenos Aires, il neopresidente Mauricio Macri, nei primi due mesi in carica non si è smentito.
Si tratta di un politico che proviene dal settore imprenditoriale, con un gabinetto composto prevalentemente da dirigenti di multinazionali e le misure finora adottate dal suo governo, sono coerenti con tale profilo.
Appena eletto, magicamente la pressione economica, fino a poco prima esercitata sullo Stato argentino, da soggetti come l’FMI, FED e le società di Rating, è stata subito allentata.
Macri ha immediatamente ringraziato e fatto onore alla sua professione d’ingegnere con spiccata propensione per i numeri, specie per quelli economici. In soli due mesi ha approvato un pacchetto di tagli all’economia sociale, con una determinazione e una forza tali, da adempiere non solo alle richieste del Fondo Monetario Internazionale, ma è andato addirittura ben oltre, di fatto, ha praticamente cancellato dieci anni di politiche sociali portate avanti dai precedenti governi.
Il Presidente si è impegnato subito a fondo per sbarazzarsi dell’untuosa militanza sociale, come l’ha sprezzantemente chiamata il suo Ministro delle Finanze, Alfonso Prat Gay. Più di 27.000 persone sono state espulse dai servizi sociali. Senza nemmeno un tavolo di concertazione, dichiarando illegali e sediziose ogni forma di protesta, persino quelle pacifiche e Nonviolente, arrivando a dichiarare che “il diritto di sciopero andrà presto rivisto”.
Sempre attraverso i suoi ministri, e con l’aiuto di un paio di decreti legge, Macri ha annunciato la sospensione di oltre 11.000 concorsi pubblici.
Nel settore privato, in un solo mese da dopo l’approvazione del suo pacchetto, quasi 23.000 persone hanno perso il posto di lavoro.
Nel frattempo, il presidente chiede “prudenza” nelle trattative salariali, a partire da ora tra aziende e lavoratori, il Presidente, chiede uno sforzo ai lavoratori, chiede un abbassamento dei salari al di sotto del tasso d’inflazione, per garantire alle imprese “la giusta competitività”, sostiene il Presidente.
Il governo dalla data del suo insediamento nel mese di dicembre, non ha speso nemmeno una sola parola in favore di questioni legate a temi come salute pubblica, occupazione, scuola e servizi pubblici.
Tuttavia, Macri si è affrettato a rallentare ulteriormente i tempi dei procedimenti giudiziari in atto, specie quelli legati alle società multinazionali e alle banche, che con le loro politiche, all’epoca del default, avevano portato il paese alla bancarotta nel 2001. Da allora sono passati 15 anni e banche e multinazionali fino adesso, non hanno riconosciuto neanche un dollaro allo Stato argentino, neanche un soldo per il disastro economico a cui essi contribuirono pesantemente con le loro politiche criminali, quelle legate ai cosiddetti fondi avvoltoio, veri e propri fondi d’investimento economico creati per spennare i piccoli risparmiatori, ben noti alla cronaca, anche da noi in Italia, all’epoca della crisi argentina.
Eppure le cose sembravano ben avviate in una certa direzione, poco prima di lasciare l’ufficio, l’ex presidente Cristina Kirchner Fernández, aveva ottenuto dall’ONU di emettere una delibera di approvazione per la ristrutturazione del debito pubblico argentino. Incurante di questo vantaggio acquisito dal precedente governo, Macri ha patteggiato con i suoi negoziatori in America per pagare 6.500 milioni di euro, scontandogliene in cambio oltre 9.000. Un vero affare, sì ma per le banche e le multinazionali americane.
L’attuale governo Macri ha pure fatto un “regalo” alla ripresa del lavoro privato, ha rimosso le sovvenzioni sulla produzione di energia elettrica da fonti alternative, mettendo in crisi molte aziende che erano sorte grazie a questo tipo d’incentivo. Inoltre ha svalutato il peso argentino del 30% nei confronti del dollaro, lasciando esposto il peso ad ulteriori speculazioni da parte dei soliti grandi speculatori statunitensi. Macri con un decreto ha anche abolito le esportazioni di grano prodotto internamente dalle cooperative e abbassato invece le tasse ai grandi produttori privati di Soia, finanziati guarda caso dalle multinazionali statunitensi, principali oppositori del precedente governo della Kirchner Fernandez e finanziatori della campagna elettorale di Macri.
Il neo eletto Presidente argentino, appena eletto a Gennaio, è subito corso alla “corte dei miracoli”, a Davos in Svizzera, dove si è riunito il Summit Economico Mondiale. In quella sede, come un mantra, ripetuto in maniera ossessiva, il nuovo governo ha affermato che l’Argentina dovrebbe “essere un paese normale” o meglio, “un paese serio” e così Macri ha anche deciso che la Nazione Argentina debba onorare il suo debito, creato dalle politiche bancarie, e restituirlo appunto, al Fondo Monetario Internazionale (FMI), massimo rappresentante in terra, proprio delle politiche bancarie USA, le stesse politiche che ormai in tutto il mondo prima strozzano i paesi, poi ne dichiarano il fallimento e subito dopo se li comprano a prezzi da svendita.
Nel frattempo, il presidente è intervenuto con il pugno di ferro sulle pacifiche proteste nel nord del paese, con l’arresto di un leader sociale come Milagro Sala, arrestata solo per aver allestito un campo davanti alla sede del governo provinciale di Jujuy Nord, accusata di incitamento alla violenza e al tumulto, mentre campeggiava in una pubblica piazza.
Un provvedimento di un tribunale, almeno per adesso è riuscito bloccare un’ulteriore schifezza di questo governo che ha tentato con un altro decreto, di abolire la precedente legge sui servizi di comunicazione audiovisivi e dei media, legge approvata dal precedente governo, dopo anni di dibattito nella società civile che prevede il decentramento del potere dei media, finora in mano a pochissime persone.
Macri a seguito delle proteste ha inoltre dichiarato pure lo stato d’emergenza nazionale.
Il Ministro per la sicurezza Patricia Bullrich, uno dei funzionari più discussi e ambigui del suo gabinetto, a Natale si trovava ai confini del paese, in compagnia di tre condannati, in fuga e accusati del crimine di triplice omicidio. Pochi giorni fa, i membri della polizia argentina, hanno represso una protesta usando proiettili di gomma su 90 persone, in un quartiere periferico della capitale argentina, fra le persone erano presenti anche dei bambini, almeno undici persone sono rimaste ferite, tra le quali appunto, anche i bambini.
Tuttavia l’Argentina, è un paese consapevole, molto consapevole della propria storia, con una società civile attiva e ben organizzata. Molte associazioni e organizzazioni hanno iniziato a mobilitarsi, pronte a resistere, prima che l’autunno si avvicini.