Argentina: lo Stato blocca i prezzi per frenare la svalutazione

Argentini: ancora una volta nel labirinto del carovita (foto: Pangea News)

Argentini: ancora una volta nel labirinto del carovita (foto: Pangea News)

Buenos Aires – Mentre un gruppo di circa 200 disoccupati organizzati e lavoratori delle cooperative dei bassifondi di Buenos Aires manifestavano davanti al ministero dello Sviluppo, chiedendo l’adeguamento dei sussidi all’inflazione e circondati da decine di poliziotti in assetto anti-sommossa e sguardo truce, il giovane ministro dell’Economia, Axel Kicilloff, annunciava in compagnia dell’ancor più giovane segretario per il Commercio, Augusto Costa, e del non più così giovane capo dei ministri, Jorge “Coqui” Capitanich, il raggiungimento di un accordo con centinaia di aziende argentine, per mantenere temporaneamente bloccati i prezzi, in modo da non soffoffocare il consumo in seguito alla forte svalutazione di giovedì scorso.

Anni di inflazione superiore al 20% annuo e una settimana da incubo per il valore del peso argentino, hanno fatto sì che un tetto massimo di rialzo nei prezzi pari al 7,5% dal primo gennaio ad oggi, potesse essere presentato come un successo negoziale, quando in qualsiasi altro Paese dell’America Latina che non sia il Venezuela, sarebbe stato accolto con sconcerto. Chi tra i produttori o distributori di elettrodomestici, automobili, alimenti e oggetti in plastica non opterà per questa formula, potrà riportare i propri prezzi al livello del 21 gennaio scorso, ovvero alla vigiglia della svalutazione del peso e dell’annuncio di legalizzare parte del mercato nero delle valute straniere.

I funzionari hanno insistito sul carattere volontario dell’accordo, in cui tutte le aziende sarebbero entrate di propria spontanea volontà. Tuttavia, il giorno prima ne erano state multate 31 per aver aumentato i loro listini, imputandogli un’infrazione alla «legge sulla lealtà commerciale e per la tutela dei consumatori».

«Non c’è alcun motivo per cui i cambiamenti nella quotazione del dollaro debbano trasferirsi a tutti i prezzi dell’economia», ha detto il ministro Kicilloff, sorvolando sul fatto che non è il dollaro a guadagnare valore, ma il peso argentino che lo perde, pertanto è automatico che questo si ripercuota sui prezzi del mercato interno, così come avviene da almeno sei anni a questa parte in Argentina. Qualche giorno fa, parlando della svalutazione, aveva detto che «non avrebbe influito sui prezzi e sui salari», in questo ha mantenuto l’impegno.

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