In Argentina, la Corte Suprema de Justicia de la Nación si è espressa a favore della costituzionalità di alcune norme anti-trust della legge sui media audio-visuali, che è stata contrastata dal Clarín, il principale gruppo di comunicazione nel Paese. La contestazione è dovuta al fatto che la legge prevede che alcuni gruppi di media, che rientrano nei requisiti previsti dalla stessa legge, siano smembrati o vendano alcune delle loro licenze, e che alcune loro parti siano messe all’asta dal governo.
Dopo una lunga analisi, la corte argentina ha sancito la costituzionalità di tutti gli elementi di questa legge e ha scoperto che, in effetti, la concentrazione dei media da parte di un consorzio è un attacco alla libertà di informazione, opinione ed espressione.
A seguito del recente pessimo risultato elettorale, la sentenza è una duplice vittoria per il governo di Cristina Fernández de Kirchner che aveva provveduto all’adozione di questa legge nel 2009: infatti, secondo molti, è stato uno strumento utilizzato dallo stesso governo per colpire il Clarín, spesso critico nei confronti della sua amministrazione. Per il Clarín, che dovrà rinunciare ai canali di televisioni digitali e a molte radio locali in tutto il Paese, si tratta di un duro colpo, e altri numerosi gruppi di comunicazione saranno costretti a rimetterci.
La sentenza della corte segna la fine di questa controversia, permettendo quasi una grande festa popolare: infatti, membri di organizzazioni politiche, sindacali e dei media si sono recati presso la Plaza de los Dos Congresos per celebrare la dichiarazione della legittimità costituzionale della legge.
“La sentenza della corte è anche la sconfitta di chi ha cercato di porre dei limiti al progresso della democrazia. Da oggi avremo maggiore tutela del pluralismo e del diritto di informazione”: è quanto riportato in un comunicato del sindacato argentino CTA (Central de Trabajadores de la Argentina).
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