Lettera aperta a Sandro Mazzola
Caro Sandro Mazzola, permettimi – in nome di una lunga conoscenza – di darti del tu, come peraltro tra noi è sempre avvenuto, grazie alla confidenza che mi hai concesso per il tuo genuino modo di essere e di rapportarti con gli altri. Tuttavia, quando si scrive ad una persona famosa e, soprattutto, rappresentativa di un mondo, sarebbe bene per i giornalisti usare il lei. Non lo faccio in via del tutto eccezionale e in ragione del motivo per il quale ti scrivo che, in fondo, avvicina – o potrebbe avvicinare – le nostre esperienze.
So della tua candidatura alla presidenze del Comitato Regionale lombardo della Federcalcio. E’ una decisione che mi ha colpito. Primo, perché inaspettata in un uomo che, come te, è stato, oltre che un calciatore professionista di prima grandezza, un dirigente sportivo capace e apprezzato. Secondo, perché non è facile per chi si chiama Mazzola e rappresenta la storia del calcio italiano e mondiale, svestire i panni del protagonista e buttarsi nell’arena della competizione. Serve coraggio e onestà intellettuale.
Come in ogni elezione, per quanto accompagnato da uno staff di collaboratori, il candidato è solo e deve sapersi conquistare il consenso voto per voto, società per società. Non sarà facile, Sandro e lo sai. Come sai che in un’avventura del genere uno del tuo calibro ha tutto da perdere. E’ per questo che ti apprezzo e ti ammiro. Se tu avessi voluto solo una carica o un ruolo, probabilmente sarebbe bastato dirlo e ti avrebbero nominato presidente di qualche cosa: Settore Giovanile e Scolastico (guardacaso c’è Rivera, il tuo grande rivale), Settore Tecnico (dove Roberto Baggio non vede l’ora di mollare), qualche altro posto, magari di visibilità, l’avresti ottenuto.
Con la storia che hai e il cognome che porti, figurarsi. Invece no, tu scendi sui terreni di gioco della provincia e della periferia per vedere l’effetto che fa. Bravo e in bocca al lupo. La prossima settimana, però, ti racconterò la mia esperienza alla presidenza della Divisione Calcio femminile: quel che mi aspettavo e non è stato, come volevo cambiare e invece come rischiavo di essere cambiato. E perché me ne sono andato prima della fine. Ciao.
(1, continua)
Giancarlo Padovan